Donne che avvelenano gli uomini: il caso di Annunziata Iannizzi da Locri

LOCRI (REGGIO CALABRIA) – Prima una mistura potenzialmente letale di farmaci. Poi, ha provato a infilargli in bocca un succo di mela adulterato con benzina verde sul letto di ospedale dove l’ottantenne di Locri era stato ricoverato per intossicazione. Annunziata Iannizzi di Mammola (Reggio Calabria) voleva la morte del suo Gino. Suo per modo di dire: a quarantacinque anni si era scelta questo pensionato di Siderno, vedovo da un anno, depresso dalla solitudine. Lo aveva convinto a vivere insieme, fino a che, dopo qualche mese, non aveva deciso di eliminarlo. Con il veleno. Una determinazione feroce la sua: le telecamere a circuito chiuso dell’ospedale l’hanno immortalata mentre, tranquilla e meticolosa, con una siringa iniettava qualche goccia di benzina verde nel succo di mela destinato a Gino. Una prova schiacciante, tentato omicidio: perché al dunque l’uomo si è dimenato, ha gridato, ha rifiutato il calice verde avvelenato della donna. Ne è seguito un trambusto, la donna è fuggita ma un carabiniere al capezzale di un parente l’ha bloccata. Quindi il video  (guarda qui) ha svelato il giallo. Perché volere la morte di un ottantenne appena conosciuto? I due non erano nemmeno sposati, una motivazione economica non è ancora saltata fuori. “Mi maltrattava e non lo sopportavo più”, si è giustificata Annunziata. Ora si scava sul passato della donna: una relazione tormentata alle spalle, una figlia finita in orfanotrofio. Una certa aggressività di fondo: nella borsetta, oltre alla benzina, teneva una piccola pistola a tamburo, con cinque colpi.

Una dark lady nata in Calabria.  Non è l’unica donna italiana che traffica in veleni: solo negli ultimi mesi altri due casi di tentati omicidi andati a vuoto per un pelo. Nel ferrarese una donna si vendica del marito violento somministrandogli un infuso di oleandro per liberarsene. In ospedale i medici pensano di riuscire a curarlo, ma il paziente peggiora di giorno in giorno. I carabinieri mangiano la foglia e travestiti da degenti la scoprono mentre gli porta le bottigliette d’acqua avvelenate. A Piazza Armerina (Enna) i tradimenti del marito convincono la moglie che è ora di passare alle vie di fatto: cocktail di farmaci raccattati per casa, test su una giovane vicina, pentimento e confessione ai carabinieri.

Di avvelenatrici famose sono piene le cronache, magari con un talento più raffinato. La più famigerata era forse Francesca La Sarda: il 16 Febbraio del 1633, il giorno dell’esecuzione di questa avvelenatrice seriale, che aveva elevato l’arte del veleno a professione, la folla si accalca per vederla morire. “Ridete, ridete pure, tanto molti di voi mi seguiranno presto”. Appena il boia ha terminato il suo lavoro, parte dei palchi, per il troppo peso delle persone presenti, crolla, e ciò suscita un fuggi fuggi generale. Decine di persone restano uccise nella calca che si crea: la maledizione della Sarda si avvera, il veleno agiva anche attraverso le parole…

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