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Dpcm del virus: no a viaggi, sci, scuola. Pandemia non conosce Natale

Dpcm del virus: no a viaggi, sci, scuola. Pandemia da Coronavirus non conosce pausa a Natale…

Dpcm del virus, stavolta è coronavirus che emette di fatto decreto, prima ancora di quello del governo. E il Decreto Natale firmato coronavirus dice no a viaggi, no allo sci, no alle settimane bianche, no alle vacanze fuori città, no alla riapertura dei licei. Pandemia c’è e vive con noi e del nostro Natale francamente se ne frega.

Virus e gente, orologi sfasati

L’orologio del virus, l’orologio e il tempo dell’epidemia in Italia dicono che è buon mattino, al massimo mezzogiorno del giorno dell’infezione di massa. Per il virus a sera e a notte e alla fine della giornata manca ancora e ancora e ancora.

Per la gente invece, gente intesa come pubblica opinione, pubblica aspettativa e, purtroppo, pubblici poteri e irresponsabili detentori di responsabilità non esercitate, il tempo dell’epidemia italiana è, deve essere, al tardo pomeriggio, già quasi sera, insomma al tramonto.

Quindi accade che gran parte della vita pubblica e della comunicazione e del comune sentire pongano e si pongano domande che vanno contro tempo e contro mano rispetto al giro corretto dell’orologio. Quando riapriamo? Cosa riapriamo? Si va in vacanza? Sulla neve? E il cenone? Il veglione? I licei? Sono domande e attese contro mano e contro senso quando ci sono trentamila nuovi positivi ogni giorno e 800 morti al giorno e 3800 circa in terapia intensiva e decine di migliaia in ospedale. Con questi numeri di giorno 26 novembre 2020 coronavirus ha scritto il suo Dpcm.

Modello italiano? Un po’ si sfarina.

Per molti mesi si è parlato di un modello italiano per affrontare la pandemia. Modello italiano si è detto, modello perfino lodato. Lodato dall’estero. Lode principale: non esser naufragati nella tempesta di marzo 2020, non essere andati a fondo e allo sbando sotto il colpo dei colpiti per primi da una cosa sconosciuta, aver avuto il coraggio di reagire con il lockdown totale.

Ma era, e soprattutto è vero modello? Il lockdown totale di più di 60 giorni partito a marzo è stato davvero una scelta o non piuttosto una decisione che non aveva alternative? Il dubbio è lecito perché dopo il lockdown che ha consentito di restare in piedi, per mesi e mesi e mesi non c’è stata categoria di attività, interessi, professioni che non ha osteggiato l’idea stessa del chiudere per motivi sanitari. E l’intero sistema dei poteri e governo locali ha fatto costante boicottaggio e guerra e guerriglia contro il governo “ottuso e lontano” che non ascolta io territori. Là dove ascoltate i territori vuol dire in soldoni lasciare ai bar decidere se i bar devono restare aperti, ai ristoranti decidere dei ristoranti, alle palestre delle palestre…

A consentire di parlar di modello italiano nella risposta alla pandemia di certo il super lavoro e la preparazione e l’ingegno di medici e infermieri. Poi però questa idea del modello Italia scolora e si sfarina. Non certo modello la sostanziale non discesa in campo dell’assistenza sanitaria a casa e non in ospedale. Per nulla da additare a modello la rete di tracciamenti contagi subito collassata.

Modello di inefficienza la capacità di distribuire e somministrare vaccino anti influenza oggi, quello Covid domani? Modelli burocratici anche nell’organizzare la parte amministrativa del tracciamento (vedi quarantene nelle scuole).

Troppi morti rispetto agli altri Paesi

E poi a minare l’idea di Modello Italia ci sono: troppi morti, troppi rispetto a paesi con tassi di contagio analoghi se non superiori. Troppi morti e troppo debito: il reagire solo per via di distribuzione di bonus e ristori vede l’Italia guida del gruppo di chi ha fatto così, quindi debito pubblico 2020 va oltre 160% del Pil.

Troppi decessi, troppo debito, troppo deficit e poco Pil 2020, anno di disgrazia della pandemia. Debito e deficit obbligati certo, non c’è paese al mondo che non si stia indebitando. Ma l’idea che il debito sia gratis, che nessuno pagherà e che quindi non sia necessario produrre ricchezza oltre che stampare banconote è molto, troppo, italiana.

Quindi l’Italia reagisce alla pandemia come può e come sa. Con fatica, incertezze, sconfitte, rinunce, successi. Come tutti i paesi del mondo. Modello Italia non c’è, è una favola consolatoria. Come una favola consolatoria è stata, qualcuno la narra ancora, quella del popolo tutto attento e responsabile e solidale. Non era così neanche a marzo e aprile e maggio. E ora si vede: solidale attenta e responsabile una popolazione dove il ristoratore accusa la scuola di contagiare, i presidi dicono è colpa dei bus, i sindaci dicono è colpa dei presidi, le Regioni colpa del governo, gli statali trasformano smart in no working, negozi e botteghe si proclamano covid free e quindi, a sentir tutti, l’unico luogo in cui ci si contagia è il proprio letto mentre si dorme visto che ogni attività, giura ogni tipo di oste, è “svolta in sicurezza”? Una popolazione che con toni tra il pigolante e il roboante domanda: che si fa a Natale, che si può fare a Natale? Virus ha risposto con il suo Dpcm, virus ha risposto: non chiederlo al vigile, al governo, al carabiniere, chiedilo a me.

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