E’ libero Francesco Giunta, il ragazzo messinese rapito in Venezuela

Ciudad Ojeda

Dopo 18 giorni di prigionia, Francesco Giunta è stato liberato. Il ragazzo messinese di 22 anni, rapito in Venezuela il 7 febbraio a Ciudad Ojeda, la terza città più grande dello stato dello Zulia (appartenente alla confederazione degli stati venezuelani) al confine con la Colombia, è stato rilasciato nella notte del 24 febbraio e abbandonato in una stazione di servizio.

Da lì Francesco ha chiesto aiuto alla sua fidanzata. Subito dopo è stato accompagnato dalle forze dell’ordine in una stazione di polizia di Ciudad Ojeda dove ha anche incontrato il papà, Franco Giunta, che due giorni fa aveva raggiunto il Venezuela preoccupato per le condizioni di salute del figlio, costretto a prendere 22 pillole al giorno per via di una malattia neurologica di natura genetica.

La notizia è giunta in Italia giovedì 25 febbraio all’alba quando il ragazzo è riuscito a parlare al telefono con la madre: «Mamma, sto bene – ha subito detto. – Mi hanno trattato bene. Mi hanno dato da mangiare ma non ho potuto prendere le medicine». Ha fatto un salto di gioia la signora Nunziata Pollino, 48 anni, madre di Francesco.

Quando è stato rapito il ragazzo, che si trovava in vacanza dalla nonna e dalla zia in Venezuela dai primi di gennaio, stava accompagnando a casa in auto la fidanzata Karina R. ma mentre la salutava era stato bloccato e portato via da quattro uomini armati. Una settimana fa l’appello di Franco Giunta, il padre del ragazzo, che temendo il peggio chiedeva alla Farnesina di fare presto. I

La famiglia Giunta era tornata in Sicilia, in una piccola frazione della provincia di Messina, Scala Torregrotta, quattro anni fa, perché nel 2004 sempre a Ciudad Ojeda fu sequestrato il nonno di Francesco. Allevatore di suini, Francesco Giunta, nonno e omonimo del giovane, rimase per due mesi nelle mani dei sequestratori fino a quando la polizia riuscì a liberarlo mentre si trovava in una rozza tenda nelle vicine montagne. Allora a fare scattare l’allarme furono due cacciatori di passaggio che avvertirono la polizia e mandarono tutto all’aria. Vennero arrestati due colombiani, un uomo ed una donna, condannati poi a 10 anni di prigione. Sentenza che, però, è stata poi annullata.

Dopo quell’episodio i genitori di Francesco e le due sorelline Giuseppina di 11 anni e Elisa di 4 anni decisero di tornare in Sicilia lasciando al altri familiari, le zie del ragazzo e una nonna, il peso della gestione di un’azienda che in Sudamerica commercia in carni. Non è dato sapere se la famiglia ha pagato un riscatto: «La trattativa è stata condotta dalle mie cognate – ha detto la madre di Francesco -, io non ne so niente». Da gennaio le persone finite in mano ai sequestratori in Venezuela sono quattordici.

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