Emanuela Orlandi e il mistero della sua sparizione tornano con questo articolo di Antonio Goglia. Goglia, ex maresciallo dei carabinieri di San Giorgio a Cremano (Napoli), da tempo conduce ricerche sul mistero Orlandi e ha elaborato ipotesi e teorie su cosa sia realmente accaduto alla bella ragazzina vaticana scomparsa nel fiore degli anni e della quale non si è saputo più nulla dal 22 giugno 1983. L’articolo è stato condiviso da Antonio Goglia con Pino Nicotri, che lo ha pubblicato su Blitzquotidiano.
……”Vae victis”…., questa locuzione, secondo lo storico Livio, sarebbe stata pronunciata da Brenno, capo dei Galli Senoni che nel 390 a.C. sconfissero ed occuparono Roma: i Romani stavano pesando su una bilancia l’oro che avrebbero dovuto versare al Gallo come tributo di guerra, quando qualcuno fra loro protestò perché i pesi erano truccati. Brenno allora sfoderò la sua pesante spada e la aggiunse sul piatto dei pesi da pareggiare con oro, rendendo quindi il calcolo ancora più iniquo, ed esclamando …vae victis !…, per significare che le condizioni di resa le dettano i vincitori sulla sola base del diritto del più forte……
La locuzione divenne proverbiale in molte culture e viene più frequentemente utilizzata come amaro commento dinanzi ad una crudele sopraffazione o ad un beffardo accanimento di chi ha di fronte un avversario non più in grado di difendersi… questa affermazione è stata spesso utilizzata anche con riferimento al trattato con il quale si stabilirono le condizioni di resa dell’Italia al termine del secondo, amaro, conflitto mondiale…..l’8 settembre del 1943 non servì notoriamente a mutare la considerazione generale sul coinvolgimento italiano nel conflitto…….Yalta, 4-11 febbraio 1945, com’è, altresì, noto rappresentò l’inizio di un conflitto ben più vasto di quello combattuto sul terreno e terminato pochi giorni dopo il 6 agosto 1945……ne discese la ovvia conseguenza per lo Stato italiano di non potere condurre una politica estera orgogliosa ed autonoma……..negli anni cinquanta era avvertito negli ambienti NATO il pericolo di una invasione ideologica comunista, fu per questo che i Paesi democratici, realizzarono una rete di resistenza nei vari paesi europei, nel caso in cui i comunisti avessero preso il potere attraverso un colpo di stato.
Queste reti anticomuniste, finanziate in parte dalla CIA, erano presenti in tutta Europa, comprese nazioni neutrali.L’Italia partecipò a questo progetto mediante l’Organizzazione Gladio, capace di contrastare una possibile invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, attraverso atti di sabotaggio e di guerriglia dietro le linee nemiche.
Le organizzazioni “stay-behind” della NATO, analoghe all’italiana Gladio, rappresentavano quindi una possibilità di continuare a combattere in attesa dell’intervento degli Stati Uniti che, data la distanza geografica dall’Europa, sarebbe giocoforza arrivato in un secondo momento. Le sue cellule clandestine erano destinate a “stare nascoste”,o “al di là delle linee”, da cui il nome in inglese stay behind, in territori controllati dal nemico e comportarsi come movimenti di resistenza, conducendo atti di sabotaggio e di guerriglia.
Vennero considerate altre forme di resistenza clandestina e non convenzionale, come operazioni “false flag”,attentati e simili operazioni rivendicate sotto falsa bandiera per fomentare divisioni politiche, e attacchi terroristici.
L’Italia aderì in via ufficiale nel 1964, ma già in precedenza erano attivi accordi bilaterali tra SIFAR, allora Servizio d’Informazione delle Forze Armate, e CIA tesi ad arruolare ed addestrare nuclei di operativi in grado di organizzare la resistenza armata sul territorio occupato da un’invasione o controllato da “forze sovversive”.
L’esistenza di queste forze militari NATO clandestine rimase un segreto strettamente sorvegliato durante tutta la guerra fredda fino al 1990.
Nel 1990 il primo troncone della rete internazionale fu reso pubblico in Italia: ciò avvenne con l’autorizzazione data dal presidente del consiglio Andreotti al giudice Casson di accedere agli archivi del SISMI. La presenza di una struttura stay-behind in Italia risale al 1949, seppure con un nome diverso da Gladio.
Gladio viene costituita con un protocollo d’intesa tra il Servizio italiano e quello statunitense in data 26 novembre 1956, nel quale però vi era stato un esplicito riferimento ad accordi preesistenti: nella relazione inviata dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e sulle stragi il 17 ottobre 1990 verrà segnalato che con quella intesa tra SIFAR,al cui comando, al tempo della stesura del protocollo, era da poco stato posto Giovanni De Lorenzo, e CIA erano stati “confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia tra Italia e Stati Uniti”.
Il 24 ottobre 1990 Giulio Andreotti, capo del governo italiano, rivelò alla Camera dei deputati l’esistenza di Gladio, che fu quindi la prima organizzazione aderente alla rete “stay-behind” ad essere resa pubblica.
Il generale Gian Adelio Maletti, ex capo del Reparto D del SID, il controspionaggio italiano, dichiarò che la CIA finanziava il SID,con cui c’era tuttavia una collaborazione unilaterale per quello che riguarda il lavoro di intelligence del servizio: “Il rapporto tra il Sid e la Cia è stato di inferiorità. Chiedevamo notizie, ma non ce ne davano.” (Sic!)….
Ma veniamo a noi: il sequestro Orlandi si caratterizzò nel suo esordio per l’intervento di due soggetti: Pierluigi e Mario. Costoro tesero a sviare l’attenzione dell’opinione pubblica e a realizzare un quadro coerente con una fuga giovanile.
Contro di loro si scagliò “Phoenix”, la voce perentoria e minacciosa dei servizi di informazione dello Stato italiano, strumento della C.I.A e “consoni” all’ Allenza Del Condor (A.D.C.)…prospezione o presupposto sudamericano della struttura Stay behind..attiva soprattutto nei confronti dei “dissidenti” dell’America Latina.
Phoenix, è stato sostenuto da più parti, era l’alter ego del SISDE, Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica, uno degli strumenti operativi dell’organizzazione Gladio che agiva per conto della C.I.A per realizzare il programma anticomunista dell’ Alleanza Del Condor.
Il sequestro della giovane “cittadina vaticana” produsse, notoriamente, grande clamore e non poté essere gestito silenziosamente, come quello della giovane Mirella Gregori, ma creò soprattutto un grande sbandamento nei servizi di informazione che, come è possibile evincere dai documenti reperibili su alcuni testi, diede luogo ad un’interlocuzione tra Phoenix e quelli che erano i suoi interlocutori abituali…Pierluigi e Mario.., con ogni probabilità esponenti dell’eversione di sinistra, o meglio, della colonna romana delle Brigate Rosse…..gli stessi che furono definiti nella telefonata dell’”americano” alla Sala Stampa del Vaticano del 5 luglio come “membri dell’organizzazione” che aveva effettuato il prelievo ……è certamente a loro che si rivolge ..”Phoenix” quando allude a qualcuno che ….”si è vantato di aver partecipato agevolmente al sequestro (messaggio del 22 settembre 1983), o ancora di più quando si avverte generosamente Pierluigi che è molto pericoloso stare in quella trattoria con le spalle verso la porta…perché un “vecchio amico” ha già fatto una brutta fine davanti a un piatto di spaghetti…e ancora che “c’è ancora tanto posto nella pineta”…(messaggio del 27 settembre 1983)
Phoenix, SISDE, C.I.A, A.D.C., dunque interviene immediatamente sulla scena del sequestro diffondendo delle “circolari”, ma facendo molta attenzione a non scoprirsi il che avrebbe rivelato le “attività” dello Stato italiano e turbato una situazione politica già piuttosto grave….infatti, benché Phoenix compaia esplicitamente solo il 22 settembre 1983 facendo reperire un messaggio nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, ha già infiltrato i suoi uomini nei punti chiave dove poter intercettare agevolmente l’attività dei sequestratori modulandola in maniera tale da non fare venire fuori nessuna notizia “sconveniente” circa soprattutto la politica estera italiana.
E’ il caso degli agenti del SISDE che frequentarono l’abitazione degli Orlandi nei giorni seguenti il sequestro, e di un altro strano caso…..
Su questo tema sentiamo Ercole Orlandi, padre di Emanuela:…
”l’avvocato Egidio ci fu consigliato dal Funzionario del SISDE Giancarlo Gramendola…si faceva chiamare Leone, ma poi venni a saper il suo nome..ci disse…non potete stare tutto il giorno in casa ad aspettare le telefonate dei rapitori di Emanuela…vi serve un avvocato cui indirizzare le telefonate..così almeno in casa avrete un po’ di tranquillità….specificò che era molto bravo, che aveva risolto un’infinità di casi spinosi e che se fossimo andati in Vaticano a dire che l’avevamo assunto le autorità sarebbero state felicissime perché era persona in gamba e gradita …..proprio l’uomo mandato da Dio e poi non dovrete pagare niente disse Gramendola”…..
In realtà quando gli Orlandi parlarono dell’avvocato Gennaro Egidio in Vaticano si resero conto che nessuno l’aveva mai sentito nominare, anzi gli fu chiesto da dove fosse saltato fuori quell’avvocato. Quando il giudice Adele Rando chiese a Ercole Orlandi perché si fosse rivolto all’avvocato Egidio, questi confermò che gli era stato suggerito da Gramendola il quale, tuttavia, smentì la notizia…..il padre di Emanuela così dichiarò…
”Non ho mai capito perché il Magistrato non abbia ritenuto utile un confronto diretto tra me e Gramendola su quella questione”….
Lo stesso Ercole Orlandi dedusse che l’avvocato Gennaro Egidio era in stretti rapporti con i servizi segreti e che era pagato dallo Stato….uno Stato che ad ogni modo doveva tacere sulle attività del SISDE quale longa manus della C.I.A. E dell’ Alleanza Del Condor……..lascio ogni commento all’intelligenza del lettore…….
…….Con grande arte…chi voleva che la verità sfuggisse per sempre, ha decontestualizzato l’evento criminoso…lo ha posto fuori dal tempo …rendendolo incomprensibile…….il sequestro di Emanuela Orlandi avviene sul finire della disastrosa epoca degli “anni di piombo” che si fa coincidere convenzionalmente con la liberazione del generale James Lee Dozier avvenuta a Padova il 28 gennaio 1982. L’evento che coinvolse il militare statunitense segna, secondo gli storici, anche il declino della formazione eversiva della sinistra italiana di maggiore rilevanza: le Brigate Rosse. E’ importante sottolineare che, considerando solo le vittime cadute negli anni che vanno dal 1975 al 1983, i numeri del conflitto civile non dichiarato sono altissimi arrivando a contare ben 379 vittime.
La possibilità che Pierluigi e Mario fossero membri proprio della colonna romana delle Brigate Rosse è molto forte. Al di là della considerazione che il gruppo eversivo nacque proprio nella trattoria “da Gianni”, questa ipotesi fu ventilata il 21 luglio 1983 dai giornali che commentavano la telefonata del 20 luglio nella quale l’americano sosteneva….”I Governo della Repubblica Italiana, con il placito dello Stato Vaticano intende non rinunciare al possesso di uno strumento di propaganda quale il detenuto Alì Agca è stato trasformato dallo stato di isolamento e dalla promessa di agevolazioni. Pervenendo alla soppressione del 20 luglio, non perdiamo speranze nella volontà di quanti possono adoperare un gesto ultimo e risolutore”….
I giornalisti si soffermarono in particolare sulla somiglianza della frase “pervenendo a soppressione” con l’espressione usata dalle Brigate Rosse nel “Comunicato Numero Nove” del 5 maggio 1978, dove si diceva …” …Compagni, la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro è giunta alla sua conclusione. Dopo l’interrogatorio ed il Processo Popolare al quale è stato sottoposto, il Presidente della Democrazia Cristiana è stato condannato a morte. A quanti tra i suoi compari della DC, del governo e dei suoi complici che lo sostengono, chiedevano il rilascio, abbiamo fornito una possibilità, l’unica praticabile, ma nello stesso tempo concreta e reale: per la libertà di Aldo Moro, uno dei massimi responsabili di questi trent’anni di lurido regime democristiano, la libertà per tredici Combattenti Comunisti imprigionati nei lager dello Stato imperialista”….
Allo stesso proposito sarà importante rilevare come l’ultimatum dei sequestratori di Emanuela Orlandi fosse stato fissato al 20 luglio 1983, giorno in cui era stata annunziata già da tempo la sentenza assolutoria per i responsabili della strage dell’Italicus, un gravissimo attentato terroristico compiuto nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
Il 20 luglio 1983 il presidente Mario Negri della Corte d’assise di Bologna assolse gli imputati facenti capo all’organizzazione di estrema destra “Ordine Nero” Tuti, Franci, Mantelacchi e Luddi per insufficienza di prove.
In effetti, si è parlato molto di rapporti tra BR e STASI, di analogie tra la conduzione del sequestro Moro e quello di Emanuela Orlandi, stupirono in particolare la data di scadenza dell’ ultimatum: il 20 luglio per la giovane, il 20 aprile per Moro; gli appelli di Paolo VI e di Giovanni Paolo II; le analoghe richiesta edi amnistia e le promesse di liberazione dell’ostaggio a patto della liberazione dei complici detenuti e, infine, il modo di riferirsi non alle famiglie, ma allo Stato italiano nel caso dello statista e lo Stato Vaticano nel caso della Orlandi.
Inoltre, all’epoca del sequestro di quest’ultima gli esponenti delle Brigate Rosse erano oramai quasi tutti incarcerati…il 23 di gennaio…del 1983, in particolare, la Corte di Assise di Roma, con una sentenza che unificava i processi “Moro uno e Moro bis”, aveva proclamato la condanna all’ergastolo per tutti i personaggi coinvolti direttamente e indirettamente nell’epocale “agguato di Via Fani”.
Non per questo gli esponenti della estrema sinistra si erano arresi, tuttavia, nel portare avanti il loro impegno, al contrario: la colonna romana del movimento, guidata dal criminologo Giovanni Senzani, all’epoca del sequestro dello statista ancora in stato di libertà,, si andò riorganizzando all’interno dei penitenziari romani sotto il nome di “Fronte delle Carceri”, riuscendo a restare operativa nonostante la reclusione e determinando una serie di azioni criminose tra le quali quella che interessò il Generale Dozier.
All’interno delle case circondariali iniziò la lotta dei detenuti politici per vedere loro riconosciuti, e garantiti, i diritti umani e, semmai, concessa l’amnistia.
Lo Stato Italiano aveva introdotto nell’ordinamento giuridico alcune norme speciali per affrontare la difficile situazione venutasi a creare con il realizzarsi dello scontro aperto con il terrorismo: possono di seguito citarsi a titolo esemplificativo il D.L. 99/74, che aumentò a otto anni la carcerazione preventiva realizzando una vera “pena anticipata” contraria alla presunzione di innocenza di cui all’articolo 27 della Costituzione; la legge 497/74, che reintrodusse l’interrogatorio del fermato da parte della polizia giudiziaria, abolito nel 1969; il Decreto interministeriale 4/5/1977 che istituì le “carceri speciali” nelle quali veniva perpetrato ogni sorta di abuso e di negazione dei diritti dei detenuti come isolamento totale in celle insonorizzate, sorveglianza continua e perquisizioni corporali quotidiane, privazione di ogni contatto umano.
Qui gli inquisiti, a norma di legge ancora innocenti, scontavano la carcerazione preventiva in violazione del diritto dell’habeas corpus e in maniera analoga ai detenuti politici nelle carceri brasiliane; legge 534/77 che facilitò l’avvio dei processi in contumacia, ancora una lesione dell’ habeas corpus; il c.d. decreto Moro del marzo 1978 che autorizzò il fermo di polizia di ventiquattro ore a fini di identificazione analogo all’arresto in stato di incommunicado praticato dalla polizia politica brasiliana: infine, la famigerata “legge Cossiga, n. 15/1980 che autorizzò per i reati di “cospirazione politica mediante associazione” e di “associazione per delinquere”, il fermo preventivo della durata di 48 ore, più altre 48 ore per giustificare il provvedimento, cosicché un “malcapitato” sospettato di essere in procinto di cospirare poteva rimanere in balia della polizia giudiziaria senza che ne fosse informato il suo avvocato ne, tantomeno, la famiglia,per quattro giorni .
Durante quel periodo il “fermato” poteva essere interrogato e perquisito; l’articolo 9 rendeva possibile la perquisizione domiciliare per cause d’urgenza anche senza mandato; l’articolo 10 estendeva i termini della carcerazione preventiva di un terzo per ogni grado di giudizio, in modo che fino al grado della Cassazione si poteva arrivare a ben 10 anni e otto mesi di detenzione in attesa di giudizio dei detenuti politici….
Allo stesso modo è forte il sospetto che fosse perpetrata all’interno delle carceri la pratica della tortura…. ascoltiamo sul tema un “addetto ai lavori” noto come Professor de Tormentis”….”io sono stato un combattente, perché quella contro le Brigate Rosse era una guerra. Una vera e propria guerra…e in guerra ogni mezzo è lecito per concluderla e vincerla…..abbiamo cominciato a praticare la tortura perché se viene davanti a te una persona arrestata che tu, per l’esperienza che hai, ritieni uno che stia offendendo la tua intelligenza, perché nega l’evidenza e magari dice evidenti sciocchezze, non ha senso dirgli: ‘Scusi, è stato lei a commettere quel delitto?’ Così non si ottiene niente.
Allora gli chiedi: ‘Ma perché vuoi offendere la mia intelligenza? Non si offende l’intelligenza di un rappresentante dello Stato’. E allora, il contrasto fra noi e loro entra nella fase… importante….e si utilizzano altri metodi (…..) Il ministro dell’Interno dell’epoca, Virginio Rognoni, ha più volte detto che il governo italiano ebbe pesanti pressioni dall’amministrazione statunitense…ma oltre quello che (…) ho detto non posso andare, perché non sono segreti che riguardano la mia persona, sono segreti che riguardano qualcosa di ben più grande e di molto più importante: sono segreti che riguardano lo Stato. Devi andare oltre. Sono segreti dello Stato. Quelle richieste ci sono state, ma sono cose che non si possono raccontare (…) due funzionari della Cia hanno assistito ad alcuni trattamenti e sono rimasti addirittura meravigliati dalla nostra tecnica…….. , il lettore potrà eventualmente consultare la rete informatica dove sono disponibili una quantità di documenti nei quali le vittime sopravvissute ai trattamenti descrivono i supplizi che dovettero subire… …
Ecco, dunque, come le Brigate Rosse incarcerate e i detenuti politici brasiliani avevano e condividevano la comune esigenza di veder rispettati i propri diritti umani e il loro diritto ad avere un giusto processo, un’ esigenza…ed un progetto…di cui poté farsi portavoce monsignor Pietro Vergari che, come già anticipato più sopra, può aver mantenuto, verosimilmente, i contatti tra i dirigenti del crimine organizzato, detenuti in ambiente carcerario, e l’esterno.
Il direttivo dell’ Accademia Cultorum Martyrum, di cui nel 1983 mons. Pietro Vergari era il cappellano, appare in questa prospettiva sempre più come una sorta di centrale operativa di rivendicazione dei diritti dei prigionieri politici italiani e brasiliani soprattutto denotando tra i componenti dello stesso i nomi di Francesco Piccioni e Giovanni Marini. Solo omonimi degli esponenti dell’eversione e dell’anarchismo?
Ancora con riferimento alla persistente reclusione degli esponenti delle Brigate Rosse realizzatasi all’inizio degli anni ’80, e qui veniamo al dunque, dopo l’arresto di Moretti si determina una scissione nelle BR: da una parte l’ala militarista, a guida di Antonio Savasta, dall’altra quella movimentista,a guida Giovanni Senzani. Relativamente alla quale rileviamo l’assoluta attenzione per il mondo carcerario e per la condizione dei detenuti, non ché per la battaglia contro l’ergastolo e per l’amnistia per detenuti politici.
Giovanni Senzani si pone come riferimento del Partito della Guerriglia avvicinandosi anche ad altri soggetti criminali come la NCO, la Camorra, con la quale realizza il rapimento dell’assessore democristiano Ciro Cirillo. Ma non è tutto, possiamo storicamente affermare la vicinanza dell’ ultimo capo delle BR con la città di Ancona, città importante nel crepuscolo del Caso Orlandi almeno quanto lo fu Boston nel principiare. Ma quello che resta assolutamente importante da comprendere è come il prof. Senzani fu attento alle esigenze dei prigionieri politici prima del suo arresto, e come deve esserlo stato maggiormente dopo, cercando di raggiungere per se e per i suoi l’amnistia….vero unico movente del caso Orlandi, la scarcerazione in vista anche della sentenza assolutoria del 20 luglio circa l’ Italicus.
Il progetto fu ordito disponendo dei brigatisti ancora in libertà e dei collegamenti esistenti tra il “Fronte delle Carceri” ed alcuni importanti soggetti esterni….. abbiamo già descritto, seppur per sommi capi il ruolo possibile dell’intermediario con le carceri, monsignor Vergari. Un ruolo di intermediazione con la struttura pontificia dedita al culto dei protomartiri di cui era appunto il cappellano. Una struttura il cui coinvolgimento è certo anche grazie alla rivendicazione inerente la Via Crucis. Tuttavia, i contatti importanti del Senzani facevano capo al terrorismo internazionale ed al suo coordinamento: l’Hyperion.
L’Hyperion di Parigi è una scuola di lingue fondata da tre esponenti della sinistra extraparlamentare italiana, Vanni Molinaris, Corrado Simioni e Duccio Berio. Secondo quanto dichiarato quasi trent’anni dopo da Alberto Franceschini nella sua audizione in Commissione Stragi, Molinaris, Simioni e Berio, costoro, erano malvisti dagli altri brigatisti perché ritenuti troppo violenti, ma avevano un rapporto speciale con Mario Moretti e Cesare Battisti, poi latitante in Brasile, con i quali avevano dato luogo ad un “livello occulto”, una struttura clandestina delle Brigate Rosse denominata Superclan.
Ma non solo, Senzani, quale studioso apprezzato negli Usa, sembra frequentasse all’interno di Palazzo Caetani, in Roma un misterioso Centro Studi Americani il cui Direttore era……………. Hubert Howard,…….. un naturista…. americano…. che fu anche tra i fondatori di Italia Nostra, cognato del musicista Igor Markevitch, da molti considerato il vero, autentico movimentatore dell’estremismo di sinistra di quegli anni. E’ possibile che fosse detto “Musiko” che in lingua Finlandese vuol dire, appunto, “il musicista”.
Proprio in Finlandia il cognato di Markevitch, ……l’americano Hubert Howard,…….. aveva prestato servizio durante la seconda guerra mondiale. Markevitch morì nel marzo del 1983, ben prima del sequestro di Emanuela, su di lui calò il silenzio. Anche l’americano Hubert Howard fu una figura di particolare rilevanza nei rapporti con le Brigate Rosse,
Figlio di Esme William Howard, ambasciatore britannico negli USA, Hubert nacque a Washington e sicuramente ebbe modo di fare esperienza frequentando gli ambienti americani ed inglesi più esclusivi. Avviato alla carriera diplomatica, l’ex ufficiale inglese si fa notare soprattutto per il “pollice verde” tipico della cultura anglosassone e che lo porterà a fondare l’associazione Italia Nostra nel 1966 e a ricoprire anche la carica di Presidente di WWF Italia. Insomma un personaggio di tutto rispetto e insospettabile. Americano appunto.
Un’ultima cosa, Senzani fu arrestato a Roma il 9 gennaio 1983…in Via Frattina.
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