ROMA – De Pedis è proprio lui, il tormentone sul mistero della tomba è finito con l’apertura del sarcofago di marmo nel primo pomeriggio di lunedì 14 maggio. E subito è partito un secondo tormentone, perché le ossa di Emanuela Orlandi, che si volevano mescolate con i resti, peraltro perfettamente conservati a causa della mancanza di ossigeno nel sepolcro, potrebbero ora trovsrsi tra le centinaia di ossa che da secoli i sotterranei della chiesa dove è sepolto De Pedis. Con lo stesso principio potrebbero essere ovunque.
Chi si ostina a sospettare che i resti della povera Emanuela possano trovarsi in chiesa, punta il dito, una volta escluso De Pedis, direttamente su chi da un paio di mila anni ha un custodia il tempio, cioè il Vaticano.
La nuova puntata del tormentone è stata messa in moto perché all’interno della cripta in cui si trova il loculo con il sarcofago di Enrico De Pedis, detto “Renatino”, c’è un altro loculo in cui sono ammucchiati da circa tre secoli un centinaio di cassette contenenti ossa. In un primo momento era stata diffusa la notizia che nel sarcofago in marmo, che contiene le tre bare di De Pedis era stata trovata una cassettina con ossa umane. La notizia, però, è stata subito smentita. In realtà, in una stanzetta-loculo lungo il corridoio sotterraneo della cripta, sotto il pavimento, c’è un vecchio ossario murato con un centinaio di cassette con resti umani.
Secondo la caonvinzione diffusa, si tratta di ossa di persone sepolte nella Chiesa di Sant’Apollinare a Roma nei secoli passati e che vennero tolte dai rispettivi sarcofaghi nel 1750 quando venne rifatta la basilica. In un altro vano della cripta ci sono infatti anche numerose lastre di marmo che in passato coprivano quelle sepolture.
C’è chi, però, non si dà pace e si chiede di chi sono i resti, e pertanto la Procura ha deciso di farli dalla polizia scientifica in modo da fugare ogni dubbio sul fatto che, tra le centinaia di ossa, ci possano essere quelle di Emanuela Orlandi, la figlia di un dipendente del Vaticano sparita all’età di 15 anni il 22 giugno 1983.
I magistrati hanno chiesto alla scientifica di buttar giù il muro oggi con il martello pneumatico e sarebbero orientati a far fare gli esami del DNA. L’Ansa precisa che “saranno effettuati i test del Dna solo su alcune ossa di cui è ancora dubbia la datazione. E’ quanto si apprende dalla polizia scientifica in merito all’ indagine in corso nella chiesa di S.Apollinare a Roma, dopo l’apertura della tomba di De Pedis. Tutti gli accertamenti saranno effettuati sul posto, ”fatta eccezione per quelli molecolari”.
E ancora, si legge sull’Ansa, la maggior parte delle ossa risalgono ad alcuni secoli fa in quanto la basilica di S.Apollinare ospitava un cimitero di epoca pre-napoleonica e inoltre “a un occhio esperto basta l’esame macroscopico per stabilire se si tratti di ossa antiche, che hanno 200-300 anni o piuttosto resti recenti”.
Sopra il sarcofago di marmo di De Pedis, sotto la Madonna di ceramica appesa al muro, ci sono due prese d’aria dal piano stradale. Il sostituto procuratore Giancarlo Capaldo intenderebbe fare abbattere anche quella parete per vedere cosa ci possa essere oltre.
LA RICOSTRUZIONE DEGLI AVVOCATI Nella cripta di S.Apollinare, oltre alla tomba di Enrico De Pedis e ”in un ambiente ben distinto, c’è un ossario che contiene i resti di persone vissute anche 200 anni fa”, afferma l’avvocato Lorenzo Radogna, legale di Carla Di Giovanni, vedova di Enrico De Pedis, in merito alla notizia del prelevamento di una cassetta contenente delle ossa.
”Si tratta di resti che fanno parte dell’ossario, mentre nessuna cassetta è stata rinvenuta nella bara di De Pedis o nell’ambiente che ospitava la tomba”.
Un punto, quest’ultimo, su cui insiste anche l’altro avvocato della Di Giovanni, Maurilio Prioreschi, interpellato dai cronisti al termine dell’ispezione nella chiesa.
“Nella bara non sono state trovate cassette con ossa”, ha dichiarato Prioreschi, che oggi, insieme a Radogna, ha assistito all’apertura della tomba a Sant’Apollinare.
”Nella cripta – spiega inoltre Prioreschi – è stata buttata giù una parete con un martello pneumatico, e qui sono state trovate molte scansie e scatole con delle ossa. Ho sentito dagli investigatori che sarebbero stati fatti oltre 200 prelievi”, di materiale osseo. L’avvocato ha, quindi, ricostruito quanto avvenuto nel corso della giornata. ”Prima è stata rimossa la lapide in marmo, quindi è stato aperto il sarcofago. L’attività è stata molto complicata per le dimensioni della struttura che è lunga oltre 190 centimetri. Poi è stata aperta la tomba e si è proceduto con l’identificazione. E’ stata trovata una nicchia, è stata buttata giù una parete con un martello pneumatico, e qui sono state trovate molte scansie e scatole con delle ossa”, spiega.
IL FRATELLO DI EMANUELA Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, appena riesumato il corpo dell’uomo considerato il boss della Magliana ma mai condannato, ha commentato: “Che Emanuela non ci fosse in quella bara non avevo dubbi. Finalmente si può mettere un punto su questa pista, una delle tante che si sono susseguite negli anni”. E ancora: “E’ solo un passo avanti per le indagini, speriamo si faccia chiarezza. Mi auguro che questo di oggi sia un passo importante verso la collaborazione tra Stato e Vaticano”.
LA BARA E I NUOVI SVILUPPI La decisione di aprire la bara è stata presa dal pm Simona Maisto e dal capo della Squadra Mobile di Roma Vittorio Rizzi, dopo l’ispezione con il sondino che era stata disposta dalla Procura di Roma.
Il corpo di De Pedis era in perfetto stato di conservazione, tanto che la identificazione è stata effettuata grazie al riscontro delle impronte digitali, rendendo quindi superfluo l’intervento del medico legale della famiglia De Pedis, Emiliano Giardina, che già si è occupato.
De Pedis era vestito con gli abiti di ventidue anni fa e a fianco al corpo erano poggiate anche le sue scarpe. L’uomo venne ucciso in un agguato vicino Campo de’ Fiori, a Roma, nel 1990, cioè sette anni dopo la scomparsa di Emanuela.
L’asserita ex amante di “Renatino”, Sabrina Minardi, dichiarò che a sequestrare Emanuela Orlandi sarebbe stato proprio De Pedis.
Adesso, però, il risultato delle ispezioni dissipa l’ombra della banda della Magliana sul caso Orlandi. I nuovi sviluppi, invece, trasferiscono il problema sul Vaticano e l’eventuale coinvolgimento dei preti diventerebbe molto imbarazzante per la Chiesa.
IL COMMENTO AFFRETTATO DI VELTRONI Sulla vicenda è intervenuto, con un commento piuttosto affrettato perché basato sulle prime indiscrezioni, l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni.
“La scoperta di una cassetta contenente delle ossa nella bara di De Pedis conferma la stranezza di una simile sepoltura e apre interrogativi a cui la magistratura darà risposte”, ha detto Veltroni parlando di una cassetta all’interno della bara di “Renatino”, come si era detto in un primo momento, e senza considerare la smentita arrivata pochi minuti dopo.
Veltroni ha detto ancora: “Qualche settimana fa con una interrogazione parlamentare sono tornato a porre la questione e le mille domande ancora aperte il mio intento era proprio questo. Ora l’ispezione della tomba di De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare è il segnale di grande sensibilità e attenzione da parte della Procura alla ricerca della verità giudiziaria per il rapimento di Emanuela Orlandi. Ora è necessario andare avanti per eliminare l’anomalia della sepoltura del boss della banda della Magliana in un luogo sacro, anomalia che offende i cattolici e tutti i cittadini onesti. E andare avanti per cancellare i dubbi e il buio che sinora ha circondato il rapimento e la sorte della giovanissima Emanuela: lo dobbiamo a lei, alla sua famiglia, al nostro Paese. Per questo l’impegno della Procura e degli inquirenti è un buon segno”.