ROMA – “Sono Pierluigi, se parlo mi ammazzano“. Era l’ottobre del 1987 quando la redazione della trasmissione Telefono Giallo, condotta da Corrado Augias, ricevette questa misteriosa telefonata. “Pierluigi” chiamava a proposito del caso di Emanuela Orlandi, scomparsa nel giugno del 1982. L’identità di questo Pierluigi, secondo la ricostruzione di Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera, sarebbe alla base della spaccatura nella procura di Roma. Risale infatti a pochi giorni fa la richiesta di archiviazione dell’ultima inchiesta su Emanuela Orlandi. Una richiesta firmata dal pm Giuseppe Pignatone ma non da Giancarlo Capaldo.
L’inchiesta si è arenata anche per altri motivi, per esempio l’enorme difficoltà di coinvolgere e far parlare prelati e vertici del Vaticano.
Ma chi è Pierluigi, amico di Emanuela e suo coetaneo? Cosa sapeva della scomparsa della ragazzina? Era minacciato, aveva visto qualcosa? Venne identificato in Pierluigi Magnesio, nato nel 1968, cittadino vaticano come Emanuela. L’identità del ragazzo viene svelata per la prima volta proprio dalle carte della richiesta di archiviazione. Se l’indagine verrà archiviata ovviamente nessuno farà domande a Pierluigi.
Il nome poi, Pierluigi, ha un particolare significato nella lunga storia dell’inchiesta Orlandi. Peronaci, sul Corriere della Sera, spiega perché:
Lo stesso Fassoni Accetti ha infatti dichiarato che il suo gruppo (laici ed ecclesiastici favorevoli alla Ostpolitik del cardinale Casaroli, in contrasto con il fermo anticomunismo di papa Wojtyla) scelse di battezzare come «Pierluigi» il telefonista che contattò casa Orlandi per mandare un messaggio in codice alla fazione opposta: il nome avrebbe richiamato quello di una nota personalità , monsignor Pierluigi Celata, stretto collaboratore di Casaroli, nonché in anni passati (ecco la connessione) direttore del San Giuseppe De Merode, il collegio frequentato alle scuole medie dall’indagato. «Sono Pierluigi, vostra figlia è stata vista a Campo de’ Fiori, vendeva collanine e aveva con sé il flauto…», disse l’inquietante personaggio allo zio di Emanuela. Con quel nome, sostiene Fassoni Accetti, i sequestratori intendevano «firmare» l’azione, alla quale far seguire i ricatti (sottotraccia, con telefonate riservate) legati alla politica estera vaticana e alla gestione dello Ior targato Marcinkus. Ora, nella «saga dei Pierluigi», ne è spuntato un altro, chissà quanto in grado di rivelare retroscena importanti, magari risolutivi.