ROMA – Non ci sono tracce utili sul flauto attribuito a Emanuela Orlandi, riapparso a quasi un mese dal trentennale della sua scomparsa. Quasi certamente non sarà possibile stabilire se quel flauto, mostrato nel corso della trasmissione Chi l’ha visto? da Marco Fassoni Accetti, “superteste” e auto accusato telefonista del presunto rapimento, e poi consegnato alla procura di Roma sia lo stesso che suonava Emanuela.
Gli esperti della scientifica ai quali è stato affidato lo strumento musicale hanno accertato la presenza di oltre 40 reperti biologici, ma le loro dimensioni, ed il livello di logorio, non consentono una comparazione con il dna di Emanuela.
Pino Nicotri, giornalista esperto del mistero di Città del Vaticano, lo aveva già previsto. In un articolo del 15 maggio per Blitz Quotidiano, infatti, scriveva:
Ho già scritto che il flauto può essere stato contaminato casualmente o volontariamente con materiali organici di qualcuno tra gli Orlandi, contaminazione che comunque non potrebbe mai simulare un Dna specifico attribuibile a Emanuela
Gli accertamenti non sono ancora ultimati, in particolare devono essere conclusi quelli sul rilevamento di impronte digitali, ma allo stato appare quantomeno difficile che si possa chiarire se il flauto sia appartenuto alla figlia del dipendente del Vaticano.
A determinare questa fase di indagini è stata l’iniziativa di Marco Fassoni Accetti. Dapprima ha fatto trovare lo strumento ad un giornalista di Chi l’ha visto, poi ha raccontato al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed al sostituto Simona Maisto che Emanuela Orlandi, ed anche Mirella Gregori, si sono allontanate spontaneamente nel quadro di una trama ordita per condizionare la Curia. Da testimone, Fassoni Accetti è diventato un indagato per concorso in sequestro di persona.
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