ROMA – Un vecchio partigiano, Enrico Angelini, oggi novantenne, si è preso carico, da solo, di cancellare la macchia oltraggiosa di una svastica verniciata sul muro di Cascina Raticosa, un rifugio sulle montagne tra Trevi e Foligno. Dove c’era una targa alla memoria dei 24 giovani partigiani che la notte tra il 2 e il 3 febbraio del ’44 da lì furono trasferiti nei campi di concentramento di Mauthausen e Flossenbürg, ora c’è una rosa lasciata da Angelini.
Che quella notte ce l’ha ancora ben impressa nella mente perché su quei monti, diciannovenne, combatteva i nazifascisti nella V Brigata Garibaldi. Quella notte lui c’era, sfuggì alla retata combattendo dalla parte giusta.
Come dalla parte giusta s’è dovuto rimettere qualche giorno fa: ieri imbracciando un’arma, oggi un raschietto per pulire l’indegna profanazione della svastica di un anonimo imbrattatore e trafugatore nostalgico del Fuhrer. Senza dir niente a nessuno. Massimo Gramellini, nella sua quotidiana striscia su La Stampa con il titolo “Questo è un uomo” gli rende doveroso omaggio.
Mentre tutto intorno le Autorità deprecavano e si indignavano a mani conserte, il signor Enrico Angelini non ha pronunciato una parola. Ha preso lo sverniciatore, il raschietto, le sue ossa acciaccate di novantenne ed è tornato al rifugio della giovinezza per rimettere le cose a posto. Con lo sverniciatore e il raschietto ha cancellato il simbolo nazista. E dove prima c’era la targa ha appoggiato una rosa.
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