ANCONA, 17 FEB – Nell'estate del 1977, un bambino di un anno contrasse l'epatite C dopo numerose trasfusioni di sangue e piastrine, subite nel corso di ricoveri negli ospedali 'Salesi' di Ancona e 'Gaslini' di Genova. Il Tribunale di Ancona ha riconosciuto al paziente, oggi un manager di 35 anni residente nell'Ascolano, che nel 2000 si vide diagnosticare un'epatite cronica evoluta Hcv, il diritto a essere risarcito dal ministero della Salute con 293 mila euro. Una somma che tra interessi e rivalutazioni sale a quasi un milione di euro.
Secondo il giudice Clelia Di Silvestro la richiesta di danni, proposta attraverso l'avv. Marco Manfredi, ''e' fondata'' e si basa ''sull'omissione colposa delle attivita' di controllo, direttiva e vigilanza cui il ministero sarebbe stato tenuto, in materia di sangue umano, all'epoca in cui il paziente fu sottoposto alle trasfusioni, e di emoderivati distribuiti dal Servizio sanitario nazionale''. Il Tribunale ha invece respinto le richieste risarcitorie avanzate nei confronti delle altre parti chiamate in causa dal manager (Ospedali Riuniti di Ancona, Gestione liquidatoria dell'ex Usl 12 Marche, Istituto Gaslini). Nel 1977, i medici del presidio pediatrico 'Salesi' diagnosticarono al piccolo paziente una 'piastrinopenia di ndd, aplasia midollare'. Il bambino fu trasferito al 'Gaslini', dove gli furono praticate altre emotrasfusioni: il 14 ottobre 1977 fu dimesso, con una diagnosi di anemia ipoplastica idiomatica. Nel 2000 l'uomo risulto' positivo al test anti-Hcv e nel 2004 la Commissione medica ospedaliera riconobbe il nesso tra le trasfusioni subite e l'infermita' diagnosticata. Al manager il virus ha provocato un danno irreversibile: lo ha costretto a modificare in modo radicale la vita di relazione con i familiari per il pericolo di contagio, e a sottoporsi a continui controlli sanitari.