No tatuaggi “osceni e razzisti”. Polemica su direttiva Esercito: “Non diramata”

ROMA – No ai tatuaggi “osceni e razzisti”, banditi i piercing: fa discutere una direttiva dell’Esercito Italiano, pubblicata su internet ma non ancora diramata. La circolare regolamenta l’applicazione di tatuaggi da parte dei soldati, uomini e donne, vietandoli nelle “parti visibili del corpo” e ovunque per quelli osceni, con riferimenti sessuali, razzisti, di discriminazione religiosa o che possano portare discredito alle Istituzioni e alle Forze armate: ma lo Stato maggiore  precisa che la direttiva in questione ”non è ancora stata diramata”. ”I contenuti, infatti – sottolinea l’Esercito – sono ancora oggetto di approfondimento e valutazione da parte della Forza Armata, fermo restando che l’iniziativa è stata presa anche in analogia a quanto in materia già disciplinato da altre Forze Armate”.

La direttiva però è stata pubblicata sul sito forzearmate.org e porta la data del 26 luglio 2012. Il documento, che reca la firma del capo ufficio generale del capo di Stato maggiore, ha l’obiettivo di ”prevenire e contenere situazioni che possano incidere sul decoro dell’ uniforme e sull’immagine dell’Esercito”, tenendo presenti ”i riflessi negativi che il ricorso a tatuaggi o piercing possono avere sulla capacita’ di assolvere determinati incarichi operativi, nonché eventuali aspetti sanitari”.

Nei confronti del soldato tatuato che opera fuori-area, infatti, si potrebbe ”ingenerare un senso di diffidenza-discredito da parte di appartenenti ad altri Paesi che per motivazioni religiose o culturali disapprovino la pratica dei tatuaggi”. La direttiva prevede dunque che dal momento della sua entrata in vigore i militari non potranno apporsi tatuaggi ”in parti visibili del corpo”. Dove, per parti visibili, devono intendersi quelle che rimangono scoperte indossando l’uniforme di servizio estiva, che per gli uomini e’ costituita da pantaloni e camicia a mezze maniche e, per le donne, da gonna, camicia a mezze maniche e scarpe decollete. Inoltre, ”sono proibiti, su qualsiasi parte del corpo, i tatuaggi che abbiano contenuti osceni, con riferimenti sessuali, razzisti, di discriminazione religiosa o che comunque possano portare discredito alle Istituzioni della Repubblica Italiana ed alle Forze armate”, ad esempio quelli che ”incitano alla violenza e all’odio”.

Anche i piercing, poi, sono vietati ”su qualsiasi parte del corpo”. La bozza di direttiva stabilisce l’esclusione dal concorso di ammissione all’Esercito per coloro che hanno tatuaggi sulle parti visibili del corpo o tatuaggi proibiti nel senso ora specificato, mentre per i militari già  in servizio è previsto un censimento, con l’obbligo di sottoscrivere una dichiarazione sulla presenza di tatuaggi e la loro ”dettagliata” descrizione. Sempre riguardo al personale in servizio e vietato farsi applicare nuovi tatuaggi non consentiti, pena severi provvedimenti disciplinari.

All’ufficiale medico spetterà controllare se il militare ha detto il vero, per quanto riguarda le parti del corpo coperte dall’uniforme. Il documento – in cui si affrontano anche i rischi sanitari legati sia all’applicazione del tatuaggio che alla sua rimozione (la percentuale dei tatuati pentiti, scrive l’Esercito, ”varia dal 26 al 44%”) – e’ corredato da un allegato in cui si ripercorrono le ”Origini storiche e il significato” del tatuaggio, la cui pratica ”era diffusa già nell’Italia preistorica” e che Cesare Lombroso ”mette in stretta correlazione con la degenerazione morale innata del delinquente”. Si ricorda infine che, in Italia, il 4,7% degli adolescenti ha un tatuaggio, il 2,7 più d’uno e il 23,1% ha un piercing.

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