MILANO – Esselunga, Bernardo Caprotti vince l’arbitrato sulla proprietà delle azioni. La Corte di Cassazione, pur ritenendo ammissibili tutti i punti, ha respinto il ricorso presentato dai figli dell’imprenditore Viola e Giuseppe, avuti dal primo matrimonio.
La battaglia legale prosegue però presso la Corte d’Appello del Tribunale di Milano, dove è aperta la causa civile.
Era il 1996 quando Bernardo Caprotti decise di donare ai figli due pacchetti di azioni della catena di supermercati da lui fondata, l’Esselunga. Nel 2011 decise di riprendersele, giudicando i figli non idonei alla guida del proprio impero.
Da allora Giuseppe e Violetta Caprotti hanno combattuto in tutti i gradi del lodo arbitrale e contemporaneamente hanno aperto una causa civile per veder riconosciuti i loro diritti.
Con la sua sentenza del 23 febbraio la Cassazione ha dato una nuova interpretazione dei motivi di diritto, tra cui la prescrizione (cioè l’estinzione del diritto di reintestarsi le azioni tra il 1996 e il 2011), considerata non più di ordine pubblico ma di carattere privato.
Ma le chance che un giudice ribalti lo stato di fatto, ovvero che il controllo di Esselunga è nella piena disponibilità del suo fondatore, ora si affievoliscono, sottolinea Sara Bennewitz su la Repubblica. E questo, a detta dei figli, aumenta il rischio che il padre, prima o poi, venda il gruppo dei supermercati per evitare che finisca nelle loro mani con l’eredità.
Sul fronte della causa civile invece resta aperta la posizione di Unione Fiduciaria, presso la quale erano state depositate le azioni. A fine marzo, secondo quanto si apprende, sono stati depositati gli atti, ed è possibile che arrivi una sentenza anche prima dell’estate.
Si è invece chiuso il fronte penale che ha coinvolto il patron di Esselunga. Il 10 febbraio Bernardo Caprotti è stato condannato a un anno e sei mesi per essere stato il “finanziatore” di una “campagna diffamatoria” contro la concorrente Coop Lombardia.