Eternit: un italiano su 3 esposto all’amianto. Manca mappa del rischio

Processo Eternit: lettura della sentenza (foto LaPresse)

ROMA – Un italiano su tre è ancora esposto alle polveri letali dell’amianto. La sentenza di Casale Monferrato al processo Eternit ha stabilito la condotta criminale del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni, condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche per i reati commessi negli stabilimenti piemontesi di Casale e Cavagnolo, dal 13 agosto 1999 in avanti. Una sentenza storica è stata definita: ma il giusto riconoscimento delle responsabilità e il risarcimento alle vittime, il cui elenco è durato tre ore, non chiude il capitolo del rischio amianto.

La giustizia è arrivata tardi, troppo tardi: in linea con il ritardo con cui si è iniziato ad affrontare il problema della chiusura delle miniere, dei siti di produzione, dello smantellamento degli edifici contaminati, dei pannelli, dei tubi, delle vernici, delle fioriere e non  solo delle tettoie ondulate che abbiamo imparato a riconoscere. Specie se si considera che la relazione causa effetto tra l’asbesto (amianto) e il mesotelioma pleurico, il tumore a causa del quale ogni anno muoiono tremila persone e di cui si attende un picco nella mortalità nel 2025 è stata accertata nel 1962. Nel 1982 ci fu la prima regolamentazione, solo 10 anni più tardi l’amianto fu definitivamente bandito.

Il problema principale è la progressiva erosione del materiale: a dispetto del nome non dura in eterno, deperisce e a contatto con gli agenti atmosferici libera polveri sottili che penetrano nei polmoni, causando l’asbestite, malattia polmonare progressiva e mortale e appunto il mesotelioma. L’Italia è stato il secondo produttore europeo di amianto: in Piemonte a Casale Monferrato nella fabbrica Eternit lavoravano fino a 2000 persone, qui c’è la miniera di Balangero, la più grande d’Europa. Ma non è la sola: vicino c’è la miniera Emarese in Val d’Aosta, e la Fibronit di Broni in provincia Pavia. Poi gli impianti di Bari, Bagnoli, Siracusa.

Le stime dicono che nel nostro Paese ci sono ancora tra i 30 e i 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto. Magazzini, tetti, tettoie. Quasi 83 mila chilometri di condotte interrate per il trasporto di acqua e gas. Ma le bonifiche sono tutt’altro che concluse. Cifre, statistiche, mappature della presenza di amianto sono disperse tra vari organismi, manca una valutazione complessiva, un coordinamento non esiste. Lo dice il ministro Clini, lo conferma il fatto che la Commissione incaricata è decaduta, che tra Regioni, Cnr, ministero dell’Ambiente nessuno è in grado di fornire dati aggiornati.

Secondo il Cnr sarebbero 32 milioni le tonnellate di materiali contenenti amianto in giro per l’Italia. Per le Regioni 50 mila gli edifici da ripulire: solo 11 di loro hanno fatto il calcolo, ma intanto rivelano che ci sono ancora 100 milioni di metri quadrati di strutture in Eternit. Quindi, 20 milioni di italiani sono esposti al rischio amianto, di cui 6 milioni in siti considerati a rischio (dove il deperimento dell’asbesto è più pronunciato). 5 quintali a testa, questa la media dell’amianto pre individuo presente in Italia. Il periodo di latenza del tumore varia dai 20 ai 40 anni. Non siamo nemmeno quelli messi peggio nel mondo: solo 53 paesi vietano l’uso dell’Eternit, il 70% della popolazione mondiale è esposta ai suoi rischi. 100 mila persone muoiono ogni anno per aver respirato polvere di asbesto.

Gestione cookie