Ex moglie convive con altro partner, ha diritto a liquidazione anni matrimonio

Una sentenza salutata con favore da molte donne, forse però avrebbero dovuta meditarla più a fondo prima di gioirne. Dice la sentenza della Cassazione che una ex moglie che abbia intrapreso una nuova convivenza con un altro partner non per questo perde automaticamente tutto l’assegno divorzile (o da separazione) dovutole dall’ex marito. Dice la sentenza che l’ex moglie che conviver con altro partner perde la parte dell’assegno definita “assistenziale” ma conserva la parte definita “compensativa”.

Indennità di fine matrimonio

La parte detta in sentenza “compensativa” è la risultante della quantificazione delle “rinunce concordate” da parte della donna moltiplicate per gli anni di matrimonio. Si assume quindi come strutturale e congenito alla stessa dinamica, anzi genetica, del matrimonio il fatto che la donna concorra a formare patrimonio (anche dell’uomo) rinunciando a prospettive di reddito e professionali per favorire quelle del partner. E, in nome di questo assioma, si incardina in sentenza il principio per cui la donna è nell’azienda matrimonio il lavoratore dipendente e l’uomo è invece l’imprenditore.

Infatti (detto con molti cinismo ma il cinismo è implicito in sentenza) se la donna cambia azienda (altro partner) ha comunque diritto a indennità di fine rapporto (“assegno compensativo”). Si tratta di una evoluzione e aggiornamento della visione sociale (e legislativa) per cui la donna diventata moglie aveva diritto ad una sorta di stipendio in quanto ex moglie. In questa visione la donna trovava la sua sicurezza economica e sociale nell’essere moglie e se la condizione di moglie veniva meno non poteva venir meno una certa stabilità economica, di qui lo stipendio (assegno) da ex moglie.

Visione erosa dalla realtà e constatazione delle donne sempre più al lavoro ed economicamente autonome. Ed ecco allora l’aggiornamento: la liquidazione, l’indennità di fine matrimonio. A ribadire sotto altre spoglie che per una donna sistemarsi vuol dire sposarsi. Non proprio una roba da far gioire una donna consapevole, autonoma e offesa dall’idea che l’obiettivo femminile per antonomasia sia sistemarsi con un matrimonio.

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