MILANO – Tangenti Expo, Enrico Maltauro e Angelo Paris cantano. Gianstefano Frigerio e Luigi Grilli negano. E poi c”è , l’ex segretario ligure dell’Udc Sergio Cattozzo, trovato coi post it della contabilità delle mazzette nascosti nelle mutande e registrato mentre contava i soldi. Di altri ci sono video con la consegna delle tangenti.
Nell’inchiesta sugli appalti Expo a Milano, insomma, come, scrive Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, arrivano le prime ammissioni.
Non da parte dell’ex parlamentare berlusconiano e prima dc Gianstefano Frigerio, né dal consulente delle cooperative rosse Primo Greganti, ex Pci, e nemmeno dall’ex senatore del Pdl Luigi Grillo. A parlare, sempre secondo quanto riferisce Ferrarella, sono l’imprenditore Enrico Maltauro, che avrebbe confermato di aver pagato almeno 350-400mila euro dei 600mila di cui si racconta nelle intercettazioni, e Angelo Paris, general manager di Expo 2015, che parla di “errori” di cui si assume “la responsabilità”.
ENRICO MALTAURO – L’imprenditore vicentino Maltauro, nello specifico, riferisce Ferrarella,
“premette di essere al replay di un’esperienza vissuta in Mani Pulite: all’epoca collaborò quasi subito e, dopo poche ore di carcere, peregrinò poi per mesi in tutta Italia facendo con i pm delle varie Procure la lista della spesa delle tangenti che i manager della sua impresa di famiglia dicevano di essere stati costretti a pagare per quietare la fame di soldi dei partiti. Maltauro si descrive disgustato da quegli eventi e spiega che essi l’avevano indotto ad allontanarsi dalla gestione operativa dell’impresa per un decennio. Quando però le dinamiche familiari lo inducono a rioccuparsi dell’azienda, Maltauro afferma di essere rimasto allibito da come tutto non fosse cambiato, se non per un aspetto ancora peggiore: e cioè che, al posto dei grandi partiti, dove almeno si sapeva con chi dover parlare, un’impresa come la sua si trova a dover invece subìre il potere d’interdizione di una pluralità di centri di potere parcellizzati, rispetto ai quali sarebbe (a suo avviso) inevitabile e indispensabile dotarsi di una chiave di interpretazione, di una sorta di traduttore di esigenze, insomma di un lobbista capace di capire chi avvicinare e come conquistarne il via libera. Maltauro afferma che il suo lobbista era Cattozzo, persona che gli era stata indicata dal senatore Grillo, e che a sua volta gli aveva poi presentato Frigerio”.
Maltauro non nega i fatti contestatigli e calcola di aver “stanziato complessivamente 350-400mila euro a Cattozzo e in parte a Frigerio”. Esclude, invece, di aver partecipato ad una associazione a delinquere e dice di aver ignorato le modalità eventualmente illecite del lobbismo di Cattozzo. SERGIO CATTOZZO – Cattozzo è nella posizione più complicata: di lui le indagini documentano come ha materialmente incassato i soldi, e quindi si trova a dover spiegare non solo a che titolo, ma anche se, quei, soldi, li abbia tenuti o li abbia girati “come tangenti a qualche pubblico ufficiale”, spiega Ferrarella.
“È una scelta che rimanda, per adesso ieri volendosi solo dichiarare un lobbista all’americana, cioè un consulente (di Maltauro e di altre società che giura però estranee a illeciti) la cui competenza sarebbe quella di verificare se esistono i presupposti perché alcune aziende possano operare assieme e così generare lavoro. Come? Attraverso la propria rete di conoscenze politiche, che spiega di aver maturato quando era attivo nella Cisl, poi nell’Udc e adesso in Ncd. “Al momento dell’arresto giovedì, durante la perquisizione a casa sua, Cattozzo era stato sorpreso dai finanzieri mentre cercava di nascondere nelle mutande alcuni post-it che aveva strappato da una agenda: ieri ha riproposto le sue scuse ai finanzieri e magistrati, dicendosi vittima del panico in un momento nel quale non era ancora sopraggiunto il suo legale: ma intanto quei foglietti contengono effettivamente la contabilità dei soldi ricevuti dall’imprenditore Maltauro e coincide con quella captata man mano dalle intercettazioni.
ANGELO PARIS – Angelo Paris durante l’interrogatorio ha detto di voler ammettere le proprie responsabilità negli “errori” (rivelazioni di notizie e turbative d’asta) fotografati dall’indagine, ma nega l’associazione a delinquere, anche se ammette di
“essere scivolato a commettere illeciti non per propria volontà ma, a suo avviso, come reazione a un contesto ambientale molto difficile sul suo posto di lavoro: dove cioè, sprovvisto di un riferimento politico, si sarebbe sentito sempre più isolato, esposto (nonostante 18 ore di lavoro al giorno) al rischio di diventare il capro espiatorio dei ritardi e del possibile fallimento di Expo 2015, al punto da cercare negli ultimi 6 mesi nel giro Frigerio-Cattozzo-Greganti-Grillo una sponda politica che potesse supportarlo e riequilibrare le cordate all’interno della stazione appaltante. Un asserito antidoto, che però ha finito per avvelenare lui”.
LUIGI GRILLO – Nega, invece, ogni addebito Grillo: dice di non aver mai favorito le carriere di Paris e di Rognoni, nega di essere mai stato nel centro culturale “Tommaso Moro” di Frigerio e di aver ricevuto soldi o promesse da Maltauro.
“Ammette solo di essersi adoperato per la carriera di Nucci (allora amministratore di Sogin, società pubblica delle bonifiche di siti nucleari, lo stesso per cui si attivò anche Previti), ma solo perché lo stimava manager di valore e ingiustamente estromesso dal giro di poltrone di Stato. E la telefonata di fine dicembre in cui ringrazia Maltauro, in un periodo coincidente con un pagamento appena effettuato da Maltauro, sostiene sia un equivoco nato dal fatto che l’imprenditore a Natale avrebbe comprato come regalo i vini prodotti dall’azienda di Grillo. Che da Maltauro ammette di aver ricevuto la promessa di appoggiarlo nella campagna elettorale”.