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Falda inquinata a Cremona, chiesto il processo per Tamoil

di Emiliano Condò |9 Febbraio 2012 22:00

CREMONA, 9 FEB – Per l’inquinamento e la contaminazione da idrocarburi della falda acquifera causato dalla raffineria Tamoil di Cremona, il pm Fabio Saponara ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti dei libici Ness Yammine, amministratore delegato della Tamoil Raffinazione spa dal 2006 in poi, nonche’ amministratore delegato e direttore generale di Tamoil Italia spa,di Mohamed Saleh Abulaiha, direttore generale di Tamoil Raffinazione spa dal 2007 in poi, per Giuliano Guerrino Billi, amministratore delegato dal 1991 al 2001 di Tamoil Raffinazione e dal 1999 al 2004 di Tamoil Italia spa, di Enrico Gilberti, amministratore delegato dal 2001 al 2004 di Tamoil raffinazione e preposto dal 1999 al 2006 e dal 2007 in poi, oltre che di Pierluigi Colombo, direttore generale di Tamoil Raffinazione nel 2006-2007.

Le accuse contestate a vario titolo vanno dall’avvelenamento delle acque al disastro doloso. L’udienza preliminare davanti al gup Guido Salvini si terra’ il prossimo 29 marzo.

Secondo l’accusa, attraverso una serie di omissioni, gli imputati avrebbero accettato il rischio di avvelenare le acque della falda superficiale, intermedia e profonda, aumentandone il grado di contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti, anche nelle aree circostanti e al di fuori del perimetro della Tamoil.

In particolare, agli imputati si contesta che con reiterate condotte di sversamento al suolo di sostanze inquinanti che penetravano nel terreno e nella falda acquifera (forme abituali di gestione illecita dei rifiuti, ad incidenti, a perdite dai serbatoi e dalla rete di raccolta delle acque) non avrebbero adottato idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza. Non avrebbero fatto tempestive analisi geologiche per accertare l’effettiva esistenza del cosiddetto taglione lungo l’argine maestro del Po che avrebbe dovuto impedire la migrazione delle sostanze inquinanti, attraverso la falda.

Nel marzo del 2001, Gilberti e Gilli comunicarono alla Regione Lombardia, alla Provincia e al Comune che non c’era motivo di fare interventi di messa in sicurezza di emergenza. Comunicazione falsa, per l’accusa, perche’ il sito della raffineria gia’ in quel momento era pesantemente inquinato quanto alle acque delle falde e al suolo. L’azienda decise anche di non dare sollecito corso alle richieste sia del Comune sia dell’Arpa. Solo nei primi dieci giorni del luglio de 2007, quando decollo’ l’indagine, fu messa una barriera idraulica.

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