TORINO – L’olio extravergine di oliva in realtà era semplice olio di oliva: è la frode in commercio il reato che il pm Raffaele Guariniello, della procura di Torino, contesta ai rappresentanti legali di una decina di aziende del settore.
L’indagine è partita dopo la segnalazione di una testata giornalistica specializzata. I laboratori delle agenzie delle dogane hanno esaminato campioni prelevati dai carabinieri del Nas e hanno verificato casi in cui l’olio, a differenza di quanto indicato, non era extravergine. Guariniello ha informato il ministero delle politiche agricole.
Iscritti sul registro degli indagati per frode in commercio i responsabili legali di sette aziende produttrici di olio: Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia.
Che l’olio d’oliva avesse qualche problema di “trasparenza” era cosa nota, grazie ad alcune inchieste anche di respiro internazionale. Per esempio il New York Times, nel 2014, faceva sapere, in articolo corredato da 15 vignette, come l’olio d’oliva venisse prima importato dall’estero (Spagna, Marocco e Tunisia), e quindi mescolato con oli di bassa qualità.
Tutto realizzato attorno a una grande centrale di smistamento, il porto di Napoli. A quel punto c’è il problema di coprire il sapore taroccato. E a contraffazione segue contraffazione: si aggiunge il beta carotene per coprire il sapore. Al resto ci pensano le leggi italiane, troppo permissive, che consentono di vendere l’olio come italiano. E i controlli? Il New York Times non ci risparmia e ha vignette dedicate anche a questo: i laboratori non sono abbastanza sofisticati per svelare la truffa. Senza parlare, ma il Nyt lo fa, delle coperture politiche.