Strage di Natale in Lucania, famiglia sterminata: Bruscella confessa

GENZANO DI LUCANIA (POTENZA) – Ettore Bruscella ha confessato e ha ammesso le sue colpe: lo ha reso noto l’avvocato Gervasio Cicoria, che difende l’uomo arrestato per il triplice omicidio della vigilia di Natale a Genzano di Lucania (Potenza). Bruscella ha ammesso le sue colpe durante l’interrogatorio di garanzia nel quale ha risposto alle domande poste dal gip Rosa Larocca e dal pm di Potenza Gerardo Salvia.

Due giorni dopo la strage di Genzano di Lucania (Potenza), Ettore Bruscella e’ ”profondamente turbato”, perche’ ”si e’ reso conto di quello che ha fatto”. Con queste parole l’avvocato Gervasio Cicoria, difensore dell’uomo ha raccontato alcuni momenti dell’interrogatorio di garanzia, oggi, nel carcere di Potenza, durante il quale l’uomo ha confessato e ammesso le sue colpe. La strage di Natale, Ettore Bruscella forse l’ha programmata alcuni mesi fa, vedendo la sua automobile andare in fiamme.

Per Carabinieri e Vigili del Fuoco era un episodio di autocombustione; lui, invece, pensionato di 77 anni, non aveva dubbi: erano stati i Menchise. Quella famiglia, che gestiva una lavanderia al piano terra nella palazzina dove abitava, era diventata un’ossessione per Bruscella.

Le liti e i dissidi andavano avanti da mesi, in paese ne erano a conoscenza in tanti. Bruscella, del resto – raccontano – e’ un uomo rissoso, violento, sempre pronto ad alzare la voce, anche per i motivi piu’ banali. A scatenare la sua ira sono stati i vapori emanati dalla lavanderia e una canna fumaria da lui mai accettata. Anche il Comune era intervenuto per risolvere la questione condominiale, ma evidentemente al pensionato tutto cio’ non bastava.

Voleva forse che i Menchise se ne andassero da quell’edificio e trasferissero altrove la loro lavanderia. E cosi’ parenti e amici ricordano i continui battibecchi tra Bruscella e Leonardo Menchise, il capofamiglia. Ma Bruscella se la prendeva spesso anche con la moglie, Maria Antonietta, la prima a cadere sotto i suoi colpi, e con i giovani figli dei coniugi.

Minacce, continue minacce, che pero’ nessuno pensava si potessero davvero tramutare in una strage. Nei bar e nelle strade dove il Natale non e’ stato felice, i piu’ anziani ricordano come da giovane Ettore Bruscella fosse ”un bravo ragazzo”. Poi, la partenza per l’Australia, come tanti emigranti lucani, il ritorno e il lavoro nella ditta di famiglia che produceva fuochi pirotecnici.

Ma Bruscella era cambiato, era diventato violento, manesco, rissoso, insomma era uno di quelli da cui ”e’ meglio stare lontani, perche’ non si sa mai”. Sabato pomeriggio, pero’, appariva tranquillo durante l’ultima partita a carte in uno dei bar del paese. A un certo punto si e’ alzato e ha detto: ”Ho da fare”.

Quello che ha fatto l’hanno visto tutti, ma nessuno l’aveva visto prendere il fucile semi-automatico. Nessuno ha potuto fermarlo. Oggi, pero’, a due giorni di distanza dalla strage, Bruscella ha cominciato a parlare, ha risposto alle domande dei magistrati e ha ammesso le sue colpe, E’ profondamente turbato, spiega il suo avvocato Gervasio Cicoria: ”Si e’ reso conto di quello che ha fatto”. E un intero paese continua a piangere e a portare fiori sulla scena del crimine.

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