Marta Schifone Marta Schifone

I Farmacisti al tempo del Covid, eroi in camice bianco. Intervista a Marta Schifone, farmacista campana

ROMA – La fase due è iniziata, forse presto si passerà ad una fase tre ancora tutta da decidere.

L’emergenza Covid ha portato alla luce il lavoro che troppo spesso veniva sottostimato di medici, infermieri, operatori sanitari ma anche dei farmacisti.

Nel picco dell’emergenza si sono trovati ad affrontare, quasi completamente sprovvisti di mezzi di protezione personale, ore ed ore dietro al bancone a contatto con file interminabili di persone che cercavano mascherine, gel disinfettanti, medicine e, a volte, anche solo un consiglio o una parola di conforto.

Marta Schifone, da sempre in prima linea per la tutela dei camici bianchi, è una di quei farmacisti: titolare di una farmacia a Napoli, ci racconta come ha vissuto ed affrontato il periodo più duro dell’emergenza.

Marta, quante ore ha trascorso in questo difficile periodo in media in una giornata in farmacia?

Negli ultimi due mesi e mezzo a causa della pandemia, molte di più del solito. Prima mi alternavo con i miei collaboratori e quindi avevamo dei giorni full time e altri part time.

Purtroppo anche tra i farmacisti si contano vittime per Covid-19. Vi siete sentiti protetti a sufficienza?

Inizialmente c’è stata una grossa difficoltà a reperire i dispositivi di protezione.

Questo valeva per i medici, per gli infermieri, ma anche per i farmacisti.

Non si riuscivano a trovare in nessun modo né tantomeno ce li hanno forniti governo, regione o protezione civile.

Per cui abbiamo lavorato per tanto tempo anche noi a mani nude senza gli strumenti adatti.

Il nostro sindacato e le nostre rappresentanze sono state molto presenti e molto efficaci nel tentativo di farsi ascoltare, di far accendere le luci anche sulla nostra categoria.

Da un po’ di tempo a questa parte c’è stato uno sblocco e quindi siamo riusciti a fornirci dei dispositivi di protezione individuale, oltre ad esserci organizzati per soluzioni alternative come per esempio gli schermi con il plexiglass e le visiere protettive.

Ora i medici, gli infermieri, voi farmacisti e gli operatori sanitari in generale sono considerati eroi.  Lo siete sicuramente, ma lo eravate anche prima. Anche quando venivate insultati e addirittura picchiati da pazienti infuriati. Non crede che dopo questa emergenze andrà rivista e tutelata ancora di più la figura del medico?

Lo eravamo anche prima, ma spero che per gli operatori sanitari passata l’emergenza ci sia altrettanta gratitudine perché i professionisti della salute non si sono mai risparmiati, perché fino alle estreme conseguenze hanno combattuto.

Ricordo che abbiamo avuto il 10,7% di contagiati in Italia che è un triste primato mondiale.

E che quindi medici, infermieri e farmacisti e tutto il personale sanitario ha dato prova di grande coraggio ma anche e soprattutto di grande competenza perché uno dei motivi per cui non c’è stata una catastrofe è stato sicuramente grazie all’alta professionalità dei medici che hanno operato senza mezzi, senza strumenti, a mani nude in un sistema sanitario nazionale che ha mostrato tutta quanta la sua fragilità e che non ha certamente dato organizzazione e strutture a supporto.

Si sente un po’ eroe?

Un eroe no perché ho solo fatto il mio lavoro, ho fatto solo quello per cui ho tanto studiato, quello per cui mi sono perfezionata e come me così tanti altri colleghi. Non abbiamo mai pensato di lavorare per ottenere una medaglia o per gli applausi. Sicuramente posso dire che sono sempre stata orgogliosa di indossare il camice bianco e di mostrare il caduceo, ma oggi credo di esserlo ancora di più.

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