ROMA – Un nuovo caso Emanuela Orlandi? Potrebbe essere, almeno secondo quanto scrive il cronista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, che cita le ultime esternazioni di Marco Fassoni Accetti, il “reo confesso” che si è auto accusato dei “finti rapimenti” della Orlandi (sequestrata nel giugno del 1983) e di Mirella Gregori (sparita un mese prima della Orlandi).
Il nuovo caso Emanula Orlandi, come viene definito dallo stesso Fassoni Accetti in un post sul suo blog, riguarda la scomparsa di Alessia Rosati, studentessa romana di Lettere militante di sinistra sparita nel luglio del 1994. Fassoni Accetti sostiene che il “rapimento” della Rosati sarebbe stato organizzato dal “suo gruppo, lo stesso che dieci anni prima aveva promosso l’allontanamento della Orlandi”, ma impedito prima del tempo dal fatto che Alessia sparì davvero. Ma per quale motivo Fassoni Accetti voleva rapire la ragazza? E’ sempre lui a spiegarlo:
“In quel periodo era esploso lo scandalo dei fondi neri nel servizio segreto civile. Nostro obiettivo era indurre Alessia a sparire, simulando un sequestro, per fare pressioni su alcuni elementi del Sisde, che avremmo ricattato proprio in relazione alla sorte di questa giovane donna”.
Le rivelazioni su Alessia Rosati, scomparsa ormai da ventun anni, arrivano adesso perché, spiega sempre Fassoni Accetti, la Procura ha deciso di archiviare il caso Orlandi-Gregori.
“Ho atteso che archiviassero le indagini del caso Orlandi-Gregori per comunicare alla Procura l’esistenza di nuovi fatti riscontrabili, affinchè si assumessero la responsabilità del loro grave atteggiamento, vuoi negligente o doloso, di aver misconosciuto i riscontri che avevo loro recato”,
scrive Fassoni Accetti sul suo blog. La sparizione di Alessia Rosati la raccontano i suoi genitori al Corriere della Sera:
“All’inizio pensammo a una fuga volontaria, anche perché pochi giorni dopo un’amica ricevette una lettera in cui nostra figlia diceva che stava bene, era partita con un ragazzo e intendeva viaggiare in Europa. Qualche segnale di insofferenza in effetti c’era stato. Tempo prima l’avevo sorpresa mentre usciva di casa con il pigiama nella borsa, come se volesse restare fuori senza dircelo. E aveva venduto i suoi amati libri di Agatha Christie, come se volesse mettere da parte dei soldi. Volevamo convincerci che fosse così, che ci avrebbe fatto una bella sorpresa rientrando all’improvviso. Abbiamo sempre vissuto nella speranza di una telefonata, di notizie… Ma ormai sono passati 21 anni, davvero troppi”.
A mandare in aria i piani di Fassoni Accetti per Alessia Rosati fu, secondo quanto scrive lui stesso, la stessa ragazza:
“La nostra fazione non ebbe il tempo di far scattare l’operazione, in quanto la ragazza stranamente sparì. Il sospetto, del tutto logico, è che ciò sia avvenuto per mano di coloro che noi volevamo colpire. E che abbia fatto una brutta fine”.
Questa la versione accreditata da Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera. Ma quale è il vero motivo per cui Fassoni Accetti tira fuori questa vicenda proprio adesso? Una spiegazione l’ha dato Pino Nicotri su BlitzQuotidiano:
“Perché Marco Accetti gioca col fuoco delle autoaccuse? Perché dopo 30 anni si è auto accusato della scomparsa della Orlandi e della Gregori e ha anche ammesso di essersi accorto di avere investito e ucciso Josè Garramon e di essere fuggito anziché cercare soccorsi?
Lui risponde raccontando che sono stati tutti eventi provocati dalla lotta tra la “fazione vaticana” della quale afferma di avere fatto parte e la fazione opposta. E che s’è risolto a vuotare il sacco e “dire la verità” convinto che l’elezione di un “Papa non curiale” come Francesco avrebbe indotto i suoi antichi sodali e complici a farsi avanti anche loro.
Ma che siano motivazioni che non vale neppure la pena di commentare lo dimostra in particolare il suo ostinato rifiuto di fare i nomi degli asseriti sodali e complici. Lo dimostra anche la frase utilizzata per spiegare la sua omertà: “i magistrati non mi hanno fatto le domande giuste”.
Perché Accetti dunque gioca col fuoco, evitando accuratamente di bruciarsi? Il suo comportamento fa venire in mente la figura di Raskolnikov, il protagonista del romanzo “Delitto e castigo” del grande romanziere russo Fëdor Dostoevskij. Autore di due delitti, roso dai rimorsi e dall’angoscia e spinto dall’amore di una donna, Raskolnikov alla fine tra mille tormenti trova la forza di costituirsi e di accettare la condanna conseguente.
Accetti invece si affaccia sull’orlo dell’abisso, ma poi si ritrae. Somiglia piuttosto a un esibizionista sfrontato che vuole però farla franca. A chi anziché avere la forza di espiare accettando la condanna per le sue colpe preferisce l’effimera fama del furbo che facendo l’occhiolino a chi lo ascolta racconta sì i suoi vecchi delitti, ma dandone versioni addomesticate e da miles gloriosus.
Insomma, per dirla alla romana, il Raskolnikov de nojantri. Meglio passare per mitomane che rischiare di passare per serial killer”.