Giù le mani dalla mia pensione: ex dirigente siciliano rivuole 1400 € al giorno

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L'Assemblea regionale siciliana

PALERMO – “Giù le mani dalla mia pensione”, mezzo milione di euro, 41.600 euro al mese, 1.369 euro al giorno: Felice Crosta, ex dirigente dell’Agenzia regionale siciliana per i rifiuti rivuole il suo assegno e ha portato la sua battaglia fino in Cassazione. E il suo ricorso, giusto o sbagliato che sia, potrebbe fare da apripista ad altri.

Accordato dalla Regione Sicilia nell’era del governatore Totò Cuffaro, confermato nel 2010 dalla Corte dei Conti e dimezzato poi in appello dai giudici contabili nel 2011 a 219mila euro, il super vitalizio adesso è oggetto di ricorso da parte di Crosta per un cavillo giuridico. Un vizio nella composizione del collegio per l’ex dirigente varrebbe l’annullamento della sentenza.

La storia del super direttore per i rifiuti è raccontata da Emanuele Lauria dalla prima pagina di Repubblica.

La sua ascesa in ambito regionale comincia nel marzo 2006, quando viene nominato a capo dell’Agenzia dei rifiuti: un incarico da 460mila euro l’anno.

Dopo pochi mesi si dimette, ma l’Ars gli concede una pensione record in base a una norma votata a fine 2005 dal Parlamento siciliano che prevede l’adeguamento del vitalizio all’ultimo stipendio percepito.

Ricostruisce Repubblica: Declinato l’astro di Cuffaro, Crosta passò all’incasso e all’amministrazione nel frattempo transitata nelle mani di Raffaele Lombardo e divenuta ostile, chiese il conto. «Non si tratta certo di un regalo, io ho lavorato per 45 anni», spiegò il dirigente.

A quel punto la Regione gli avrebbe dovuto pagare gli arretrati e la parte di Tfr non liquidata. Con la sentenza 289/A/2011 presidente Luciana Savagnone, la Corte dei Conti ferma in parte le uscite dalle casse siciliane verso il conto di Crosta “L’amministrazione regionale correttamente ha determinato la pensione del suo dirigente sulla base del trattamento stipendiale goduto in servizio prima del collocamento fuori ruolo”, scrivono i giudici contabili.

In effetti quell’assegno da quasi 1400 euro al giorno spetta a Crosta, perché lo ha stabilito una legge votata dall’Assemblea regionale siciliana.

Il diretto interessato, che di mestiere fa l’avvocato, sostiene che quella cifra gli spetta e rivuole la sua pensione, nonostante la Corte dei conti gliel’abbia dimezzata.

Se, allo stato attuale, sembra che la lancia della battaglia in Cassazione sia in mano a un ex dirigente che rivendica quello che viene definito un “privilegio”, la storia di Crosta potrebbe fare scuola e aprire la strada a diversi ricorsi dei pensionati d’oro e non che non vogliono vedersi decurtare l’assegno dopo una vita di lavoro.

La posizione di Crosta fino al 10 luglio, data in cui la Suprema Corte dovrà dire l’ultima parola sulla vicenda è ben salda e contesta – ricostruisce Repubblica – la composizione del collegio che gli ha dimezzato l’indennità: ne faceva parte con voto deliberativo, è scritto nel ricorso, un referendario «non in veste di relatore ». La legge lo vieterebbe. Un cavillo, appunto. Che però potrebbe annullare la sentenza della magistratura contabile e restituire al burocrate il suo maxi-assegno.

 

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