Felice Maniero: “Fare il criminale ha devastato la mia vita”

Felice Maniero (foto Ansa)
Felice Maniero (foto Ansa)

VENEZIA – Intervistato dalla Stampa, Felice Maniero, il boss che fu a capo della cosiddetta “mala del Brenta” si racconta: “A tutti i giovanotti che hanno l’acquolina in bocca pensando di fare i malavitosi, tanti soldi facili, ‘lo faccio per un paio d’anni, mi arricchisco e poi smetto’, dico: sarebbe l’errore che devasterà la vita, trascinando dentro tutti i cari che non hanno alcuna colpa”.

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“La parola pentito – spiega quindi Maniero -la ritengo inesatta e sono convintissimo che nessuno, sottoscritto incluso, abbia iniziato a collaborare con la giustizia perché “unto” da qualcosa. È stata emanata una legge, che dà l’opportunità di avere riduzioni di pena se si collabora sinceramente e sostanzialmente con lo Stato. Credo sia stata molto preziosa nella lotta contro la criminalità. Se tornassi indietro di sicuro non rifarei il criminale. Ho capito – prosegue – che nella vita si possono avere gratificazioni intense con il lavoro e infinite con la famiglia, sempre vicina e in pace”.

“Mi permetto di suggerire una cosa”, continua. “Se fossi un inquirente darei la misura di sicurezza più restrittiva possibile a tutti i pregiudicati che non hanno un lavoro serio. Se non lavorano come campano? È più che ovvio. Io ne sono testimone, la misura di prevenzione mi tagliava le gambe. Riduceva il mio ambito operativo di oltre il 50%”. “Provo un profondo senso di colpa – fa poi sapere l’ex boss – per Cristina Pavesi, la ragazza del treno deceduta a causa del nostro assalto. E provo senso di colpa per il traffico di droga. Mi chiedo spesso quanti giovani siano morti a causa mia. All’epoca diedi il via libera al traffico di stupefacenti perché se non lo avessimo preso in mano noi, sarebbero entrati i peggiori criminali, i mafiosi. A noi sarebbero bastate la rapine viste le enormi quantità di oro rapinato”.

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