Ferrara: nonni e mamma “iperprotettivi” condannati per maltrattamenti

Il nonno, la nonna e la madre lo hanno maltrattato dandogli troppo amore, un amore malato che lo ha iperprotetto, senza permettergli di crescere, come i suoi compagni, i suoi coetanei. Dopo un lungo e difficile processo, il giudice di Ferrara, Silvia Marini, ha condannato per maltrattamenti, per fatti accaduti tra il 2004 e il 2008, il nonno a tre anni e sei mesi, la nonna a due anni e la madre a tre anni, con pene maggiori rispetto quelle richieste dalla Procura.

La vicenda si è svolta alle porte di Ferrara ma da anni si trascina fra tribunali dei minori, servizi sociali e denunce e controdenunce, attivate dai magistrati e dal padre del bambino, separato e del tutto isolato e allontanato dalla famiglia, per volere dei nonni e madre che raccontavano al bimbo che il padre non lo voleva o che lo voleva allontanare da loro per metterlo in una comunità di handicappati.

Ancora oggi il ragazzino, che ha 13 anni, ha problemi nel camminare e correre (fino all’età di sette anni non sapeva nemmeno fare le scale), da poco riesce a mangiare da solo ma non in mensa mentre quando era piccolo gli davano la merenda spezzettata. E non va mai in bagno a scuola, perché deve fare i propri bisogni solo a casa propria.

I difensori dei tre familiari, gli avvocati Bolognesi e Dé Giusti, hanno già anticipato l’ impugnazione di una sentenza inadeguata a una situazione che vede il bambino andare bene a scuola – come sostenuto in arringa – e ha problemi comuni a tutte le famiglie che non possono essere famiglie modello, ed è del tutto contento della propria famiglia: è arrivato ad odiare il padre perché ha voluto questo processo e da dieci anni sta denunciando i fatti che hanno portato per due volte il Tribunale dei Minori e i servizi a tentativi di allontanamento.

Due le parti civili, più che soddisfatte, del processo concluso oggi. L’avvocato Stove di Modena, che rappresenta il padre del bambino, che in dieci anni lo ha potuto vedere di nascosto solo tre volte, ha detto che «c’é da sperare che con questa sentenza i familiari si rendano conto che stanno sbagliando e hanno sbagliato tutto. E non lo dico nell’interesse del mio cliente ma del ragazzo stesso».

L’altra parte civile, l’avvocato Marzola di Ferrara, tutore del ragazzo, ha auspicato – citando il libro “Padre padrone” di Gavino Ledda, alludendo all’esperienza del bambino-pastore che poi si riscatta – che «trovi risorse personali per uscire da questa vicenda e che gli stessi servizi sociali trovino anch’ essi la forza e la determinazione, forti di questa sentenza, di andare avanti e proseguire un percorso di mediazione con la famiglia condannata, che ha sempre rifiutato fino ad oggi qualsiasi proposta di intervento».

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