Filippo Incarbone, il cadavere del camionista ucciso recuperato nel Ticino: aveva in tasca i documenti Filippo Incarbone, il cadavere del camionista ucciso recuperato nel Ticino: aveva in tasca i documenti

Filippo Incarbone, il cadavere del camionista ucciso recuperato nel Ticino: aveva in tasca i documenti

È di Filippo Incarbone il cadavere ritrovato nella tarda mattinata di martedì 16 febbraio nel Ticino dai sommozzatori dei vigili del fuoco. Il corpo è stato individuato nei pressi di Vigevano, dopo quasi sei giorni di ricerche anche con l’ausilio di elicotteri e droni.

L’uomo, un camionista di 49 anni, originario di Lecce ma residente a Vigevano, sarebbe stato ucciso nei primi giorni di gennaio, tra il 4 e il 6, da due uomini che giovedì scorso sono stati sottoposti a fermo dai carabinieri. 

Il provvedimento è stato convalidato ieri dal gip di Pavia Luisella Perulli, che ha disposto la custodia cautelare in carcere per entrambi, con il divieto assoluto di incontrarsi tra loro.

M. M., 31 anni, e G. I., 44, avrebbero confessato di aver caricato il corpo ormai senza vita in auto e di averlo gettato nel fiume. Ma negano di aver ucciso l’uomo: M. M. ha ammesso solo di averlo aggredito e malmenato nella sua abitazione di via Buccella, con pugni, calci e utilizzando anche una mazzetta da muratore, ma sostiene che l’avrebbero trovato morto dopo diverse ore e che la causa del decesso potrebbe essere diversa, forse legata alla smodata assunzione di alcolici e stupefacenti (crack).

Filippo Incarbone, i debiti per la droga

Secondo gli inquirenti l’aggressione sarebbe avvenuta proprio per i debiti che Incarbone aveva contratto con M. M. per la cessione di droga. Ora l’autopsia su quel che resta del cadavere, dopo quasi un mese e mezzo in acqua è affidata all’istituto di Medicina legale dell’Università di Pavia, che avrà il difficile compito di stabilire se questa versione regga oppure no.

Incarbone svolgeva la professione di autista saltuariamente ed aveva problemi economici, aggravati, secondo gli investigatori, dal consumo di stupefacenti. Motivo per il quale, è l’ipotesi, sarebbe dipeso da M. M., con il quale avrebbe contratto debiti. Per questo, secondo l’accusa, sarebbe stato trattato “al limite della schiavitù”, utilizzato per le pulizie dell’abitazione o come autista personale.

M. M. è stato descritto come “persona violenta e dedita agli stupefacenti”, Incarbone come “personalità fragile”.

Filippo Incarbone, il corpo incagliato 7 km più a valle

Il ritrovamento è avvenuto in località Lanca Ayala, oltre il ponte dell’ex statale 494 e della ferrovia, a circa 7 chilometri dal punto in cui i vigili del fuoco avevano avviato le ricerche, ovvero tra il ramo delle Streghe e la località Buccella.

Con il passare dei giorni si sono spinti sempre più a valle con la speranza che si fosse incagliato da qualche parte tra i sassi e la vegetazione: se la corrente l’avesse trascinato via, dopo tutto questo tempo sarebbe stato difficile ritrovarlo. Invece si era incastrato sotto un albero.

Era parzialmente saponificato, ma ancora integro. Gli indumenti indossati corrispondono, ma soprattutto aveva ancora in tasca i documenti d’identità. La certezza però si potrà avere solo dall’esame del Dna.

I Ris a casa di M.M.

Intanto questa mattina nell’abitazione di M. M., sotto sequestro insieme a due auto, sono arrivati i carabinieri dei Ris di Parma per eseguire tutti gli accertamenti scientifici utili a ricostruire la dinamica dell’accaduto.

Secondo quanto è emerso dagli interrogatori, M. M. avrebbe inferto una decina di colpi alla vittima, che ogni volta si accasciava a terra, veniva risollevata e poi colpita di nuovo.

G. I. avrebbe assistito al pestaggio senza intervenire, un comportamento che secondo l’accusa si tradurrebbe in una sostanziale complicità, e poi avrebbe aiutato M. M. a disfarsi del corpo caricandolo in auto e gettandolo nel Ticino.

Per questo entrambi sono indagati per omicidio volontario e sottrazione di cadavere in concorso.

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