Finti rapimenti Isis perché l’Italia paga il riscatto: poi però finirono veramente nelle mani di Al Qaeda…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 31 Marzo 2021 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA
Finti rapimenti Isis perché l'Italia paga il riscatto: poi però finirono veramente nelle mani di Al Qaeda...

Finti rapimenti Isis perché l’Italia paga il riscatto: poi però finirono veramente nelle mani di Al Qaeda… (Foto Ansa)

Finti rapimenti Isis organizzati perché “tanto l’Italia paga il riscatto“. Ma poi finirono veramente nelle mani dei jihadisti di Al Qaeda. Venduti dalla banda di complici albanesi che li avevano aiutati a organizzare il rapimento. Se  la ricostruzione ipotizzata dalla Procura di Roma fosse vera, la vicenda dei due imprenditori bresciani sarebbe degna di un film. Ne parla l’Ansa e ne parlano i giornali.

Imprenditori che, per tre anni, dal 2016 al 2019, sono rimasti sotto sequestro in Siria. I due, secondo la Procura di Roma che ha affidato le indagini a Ros e Sco, avrebbero inscenato il loro rapimento. Assecondando la proposta di una banda di tre persone, un italiano e due albanesi, finita in carcere con l’accusa di sequestro di persona con finalità di terrorismo.

Finti rapimenti Isis per il riscatto: poi però sono finiti davvero nelle mani di Al Qaeda

Simulare un rapimento ma con un finale non previsto. La “cessione” a gruppi jihadisti, questi veri e legati alla galassia Al Qaeda, dopo il loro arrivo in Turchia e il trasferimento in Siria. Uno dei due imprenditori deve rispondere alle accuse di simulazione di reato e truffa. Mentre, al momento, il secondo non è iscritto nel registro degli indagati. Ma, secondo gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, la sua vicenda è sovrapponibile a quella del primo.

Dei due italiani si persero le tracce nel 2016 e vennero rilasciati, a distanza di pochi giorni, nella primavera di tre anni dopo. Secondo il capo di imputazione i tre arrestati (due albanesi e un italiano), “in concorso tra loro e con altri soggetti rimasti ignoti operanti in Italia, Turchia e Siria, questi ultimi aderenti e comunque riconducibili alla galassia jihadista” hanno proposto agli italiani di recarsi in Turchia, “al fine di simulare un sequestro di persona”.

Ma, giunti li “sono stati effettivamente privati della libertà personale” e condotti contro la loro volontà in Siria dove venivano consegnati ad appartenenti del Turkestan Islamic Part, gruppo che si richiama ad Al Qaeda.

Il terzo imprenditore che rinunciò al finto rapimento

Oltre ai due imprenditori, la banda aveva avvicinato in precedenza un terzo imprenditore proponendogli il “finto sequestro“. I tre hanno anche proposto il sequestro ad un imprenditore di Rezzano, sempre in provincia di Brescia.

Ma in questo caso i tre, nel settembre del 2016, non riuscirono nell’intento in quanto l’imprenditore “il giorno fissato per partenza, il 25 settembre, all’ultimo momento non si presentò all’imbarco dell’aeroporto di Orio al Serio di Bergamo”. Nell’indagine risultano indagate complessivamente dieci persone.

Nell’ordinanza il gip Paola Della Monica afferma che la banda poteva contare “su una notevole disponibilità di denaro, essendo state corrisposte somme, anche consistenti (10mila euro ai ‘rapiti’), sia alle future vittime che ai familiari. Si tratta di un ulteriore elemento significativo di un’attività criminale svolta in maniera non occasionale, ben organizzata e, dunque, certamente più pericolosa”.