MILANO – I giudici del Tribunale di Milano hanno confermato il sequestro conservativo da 120 milioni di euro a carico di Salvatore, Jonnella e Giulia Ligresti e di due ex manager di Fonsai, Fausto Marchionni e Antonio Talarico. Sequestro che era stato autorizzato dal giudice civile, lo scorso dicembre, in relazione al danno che sarebbe stato causato dagli ex amministratori al gruppo. Accolto solo uno dei reclami delle difese.
Lo scorso 20 dicembre, il giudice civile di Milano, Angelo Mambriani, aveva autorizzato a carico dei Ligresti e dei due ex manager di Fonsai il sequestro da oltre 120 milioni di euro, tra beni mobili e immobili, a seguito della richiesta, presentata la scorsa estate dopo gli arresti dell’ingegnere di Paternò, delle sue figlie e degli altri ex dirigenti del gruppo, dal commissario ad acta di Fondiaria-Sai Matteo Caratozzolo.
Richiesta, però, che era stata stimata in 440 milioni, cifra equivalente, secondo i calcoli del commissario ad acta, al danno che sarebbe stato causato dagli ex amministratori al gruppo. Il giudice, tuttavia, aveva valutato il danno in circa 120 milioni di euro e quel provvedimento è stato poi, in sostanza, confermato oggi dalla Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale milanese (presidente del collegio Elena Riva Crugnola) che ha disposto il rigetto, come si legge nell’ordinanza di oltre 100 pagine, ”di tutti i reclami” delle difese, salvo quello sui ”limiti dell’autorizzazione al sequestro”.
In sostanza, i giudici non hanno ritenuto ”condivisibile” solamente la parte del provvedimento di primo grado in cui veniva stabilito che ”il sequestro deve essere autorizzato nei confronti di ciascun resistente, in quanto condebitore solidale, per l’intera somma dovuta a titolo di risarcimento del danno”. Per il resto, i giudici per decine e decine di pagine riportano il provvedimento di primo grado nel quale si faceva anche riferimento alla vicenda del cosiddetto “papello”, quella con al centro quel “foglio” sottoscritto circa un anno e mezzo fa dall’ingegnere siciliano e siglato dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel (ora indagato) e in cui l’ex patron del gruppo e i suoi figli “elencavano benefici che avrebbero desiderato fossero loro riconosciuti in vista della loro uscita dal controllo di FonSai”. Lo stesso giudice aveva parlato poi a più riprese del ”sistema Ligresti”.
Il Tribunale, nell’ordinanza del giudizio d’appello, affrontando le varie responsabilità sottolinea, tra le altre cose, la ”posizione preminente” di Salvatore Ligresti sia ”all’interno della famiglia, quale capostipite, persona di grande esperienza gestoria e di vastissime e rilevatissime relazioni”, sia ”all’esterno, quale presidente onorario e consulente super-retribuito di Fonsai”.