NAPOLI – Con certe professioni non ci si campa più. Lo sanno bene molti avvocati precari come Francesco Mangiacapra, che ha deciso di diventare gigolò. “Meglio vendere il corpo che svendere il cervello”, ha spiegato a Francesca Cicatelli del Mattino.it che l’ha incontrato.
Francesco è stato iniziato al mestiere proprio da un suo superiore durante la pratica forense. Ha subito constato che in venti minuti con un cliente guadagnava quando in un mese da praticante avvocato. “Con l’avvocatura non potevo nemmeno pagarmi il dentista. La prostituzione mi ha garantito quella solidità che l’avvocatura non poteva darmi”. E così ha deciso. “Ho capito che potevo farne un business”. Del resto, secondo lui, cambia poco: “Le aule di tribunale sono i primi luoghi di prostituzione, solo che la moneta di scambio non è il denaro ma le informazioni o la magica sparizione di atti”.
Tra i suoi clienti ci sono uomini, donne, coppie, transessuali, disabili e preti, che lo scelgono per il suo “valore”. “Il mercato della prostituzione è un mercato che non conosce crisi”, dice, a differenza di tutto il resto del mercato del lavoro, quando meno di quello non in nero.
Francesco racconta la sua esperienza di “escort più desiderato e pagato a Napoli” nel libro “Il numero uno”:
“Sono un capitalista della compassione del più disparato campionario umano. Ma spesso, nulla è più aberrante di un sorriso forzato. Ho vinto. Anche perdendo l’ingenuità. Non la dignità. Per quella ho riletto le regole con intelligenza, le ho mostrate alla gente e hanno capito. Ho imparato che non basta superare gli ostacoli e i limiti. Bisogna essere appunto il numero uno”.
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