ROMA – Francesco Schettino “mente”. E lo farebbe consapevolmente, sapendo di mentire. E’ la presa di posizione, durissima, del procuratore Francesco Verusio, il magistrato che indaga sull’incidente della Costa Concordia avvenuto nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012.
Schettino, libero solo da qualche giorno, dopo che il Tribunale ha deciso per la revoca dei domiciliari, ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti a tv e giornali. All’inizio ha scelto Mediaset e non per ragione di cuore ma di portafogli.
La versione di Schettino, infatti, sarebbe stata pagata 50 mila euro. Mediaset non nega ma ridimensiona limitandosi a parlare di “compensi esagerati”. A negare resta solo Salvo Sottile che affida a un tweet la sua protesta: “Noi (di Quinta colonna, ndr) non paghiamo nessuno”.
Resta il fatto che pagato o meno Schettino negli studi tv di Mediaset si è presentato e ha raccontato una versione dei fatti che fa a pugni con il punto di vista della Procura, della stampa tutta e dei parenti delle vittime.
Così Verusio si scandalizza, scrive la Stampa, per “le bugie raccontate: lui conosce bene la verità, perché gli atti, depositati dal gip, sono anche nelle sue mani. Testimonianze, registrazione di ciò che avvenne in plancia: tutto dimostra quali sono le sue responsabilità. Ed è tutto a sua conoscenza. E poi, suvvia, all’indomani dell’arresto ammise “d’aver fatto una cazzata” e ora si dipinge come il comandante perfetto che non è pentito di nulla. Da non crederci!”
Ma cosa ha detto Schettino di così scandaloso? Ha detto, tra le altre cose, di aver agito per il meglio, di aver dato volutamente in ritardo l’allarme perché “quella decisione è stata giusta. Perché io per far evacuare la nave l’avrei dovuta fermare. E’ da stupidi fermare un evento favorevole che si stava verificando e che la nave stava andando a scarrocciare verso terra, quindi sarebbe stato lì un’imprudenza far fermare la nave. Se si ribaltava lì purtroppo non so quante vittime ci sarebbero state, sicuramente trovandoci su un fondale più basso ha fatto meno vittime”. Ha detto di essere stato guidato da una mano divina. Ha criticato Gregorio De Falco, l’uomo della capitaneria di porto diventato famoso per il “torni a bordo cazzo” perché, secondo Schettino, “non si danno ordini che non si possono eseguire”.
Insomma Schettino si è dipinto come un comandante capace, quasi perfetto. E quei 32 morti? Senza di lui, la tesi di Schettino che scandalizza Verusio e non solo, sarebbero stati molti di più.
A complicare la posizione del comandante della Concordia è però il tracciato radar della nave così come appare nella scatola nera. La documentazione completa che è stata trascritta dai Ris è pubblicata dal Corriere della Sera che scrive:
Alle 21.39 e 14 secondi del 13 gennaio il comandante Francesco Schettino, dopo aver pronunciato la frase obbligatoria per assumere il controllo sulla plancia di comando «I take the conn», ordina il «timone a mano».
Schettino, insomma, prende il comando alle 21:39 e tre minuti dopo è già chiaro che l’impatto con lo scoglio è inevitabile. Prosegue il Corriere:
L’orario di disattivazione del pilota automatico (le 21.39 e 15 secondi) risulta dal radar di bordo e tutto quello che avviene sul ponte di comando, audio e strumentazione, è registrato dal Vdr che ha cessato di funzionare alle 23.36. (…) Il punto di non ritorno Schettino lo raggiunge quando alle 21.42 anche una brusca virata non avrebbe potuto evitare la «scodata» contro lo scoglio. La trascrizione dei Ris non identifica sempre la voce di Schettino: indica con Vocmas (voce maschile) chi parla e con Comsche il comandante Schettino quando l’identificazione è certa. È qualche secondo prima della collisione che sul ponte di comando ci si rende conto dell’inevitabile: «Stiamo proprio col culo a terra!» dice un ufficiale, segue una bestemmia e l’ordine «chiudete le porte stagne a poppa», poi una voce maschile sussurra «mi sento in colpa». Dopo qualche secondo Schettino: «Ma dove abbiamo toccato?». Rispondono in due: «Lo scoglio», «Su uno scoglio a pelo d’acqua». Una voce maschile: «È l’inchino che voleva» (ma potrebbe anche essere «che volevamo» precisa il Ris). Alle 21.46 e 41 secondi Schettino: «L’importante è che non ci sia entrata acqua». Alle 21.38 Schettino aveva telefonato a Terenzio Palombo, comandante della Costa Crociere in pensione, per avvertirlo che stava per passare vicino al Giglio (e gli chiede «ma c’è acqua a 0,3?»).
Quindi la prima telefonata, poco prima delle 22. E le ammissioni di colpa.
Schettino telefona la prima volta alle 21.56 e 19 secondi a Roberto Ferrarini, nell’unità per le emergenze di Costa Crociere a Genova, spiega: «Roberto ho fatto un casino!… Senti una cosa: io sono passato sotto l’isola del Giglio, qua! È stato il comandante Palombo… mi ha detto “passa sotto passa sotto”. Sono passato sotto qua, ho preso con la poppa un basso fondale… Sono, guarda, io sto more’..