Funivia Mottarone, l’operaio che nel 2019 segnalò i problemi e fu minacciato di licenziamento

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Settembre 2021 - 08:44 OLTRE 6 MESI FA
Funivia Mottarone, l'operaio che nel 2019 segnalò i problemi e fu minacciato di licenziamento

Funivia Mottarone, l’operaio che nel 2019 segnalò i problemi e fu minacciato di licenziamento FOTO ANSA

Un operaio della funivia Stresa-Mottarone minacciato di licenziamento dopo avere segnalato nel 2019 problemi di funzionamento dell’impianto. E’ quanto ha riferito un ex dipendente, Stefano Carlo Gandini, agli inquirenti che indagano sulla sciagura costata la vita a 14 persone.

L’ex dipendente ha raccontato che nel maggio del 2019 notò dei problemi alla cabina 3, quella precipitata. Inconvenienti a un discriminatore e perdite di olio dalla centralina dei freni. Ne parlò ai superiori e il caso fu segnalato al caposervizio. “Nelle registrazioni – ha fatto mettere a verbale – si sente anche intervenire nel suo ufficio ove ha minacciato di licenziarmi”. Il giorno seguente il caposervizio gli disse di “stare tranquillo, ‘tanto la funivia non cade’“. “Ad agosto – conclude Gandini – trovai un nuovo lavoro e preferii licenziarmi”.

L’operaio della funivia Mottarone e il file audio

Gandini si è presentato alla polizia giudiziaria della procura di Verbania il 7 giugno e ha consegnato un file audio con alcune conversazioni. Il materiale, i cui contenuti sono stati anticipati dal Tg3, è stato prodotto dal pm Olimpia Bossi in occasione dell’udienza, al tribunale del riesame di Torino, in cui è stato discusso il suo appello contro la scarcerazione di due degli indagati. 

La caduta della cabina

L’episodio non è connesso con l’incidente del 23 maggio 2021, anche se a precipitare, quel giorno, fu proprio una cabina contrassegnata con il numero 3. Ma secondo gli inquirenti potrebbe fare chiarezza sul grado di consapevolezza di tutti gli indagati e sul modo in cui si affrontavano i problemi. La lettura della difesa è diametralmente opposta: dalla deposizione di Gandini (e di altri suoi ex colleghi) si ricava che molte deleghe erano state affidate dai vertici a uno degli indagati. E che il personale si atteneva alle regole imposte da lui. “Attendiamo la decisione dei giudici con serenità e non è una frase fatta”, dice uno degli avvocati.