Gabriele Defilippi, un amico: “Era ossessionato dal…”

I mille volti di Gabriele Defilippi
I mille volti di Gabriele Defilippi

TORINO – Gabriele Defilippi e la madre Caterina Abbattista. Entrambi sono accusati dell’omicidio della professoressa Gloria Rosboch, avvenuto a Castellamonte, in provincia di Torino, lo scorso 13 gennaio. Insieme a loro è in carcere anche Roberto Obert considerato amico-amante di Gabriele.

Una personalità complessa, quella di Gabriele Defilippi, come rivela un suo compagno del liceo in una lunga intervista alla Sentinella.

«Si, è vero. Gabry aveva delle compulsività. Quella per il gioco d’azzardo l’aveva sviluppata attraverso internet e certe frequentazioni».

Quali?

«Uomini che allora erano più grandi di lui».

Chi?

«Non li conosco. Ma qualche nome è comparso ed è stato descritto sui giornali. Di quelle frequentazioni era geloso».

Perchè?

Alessandro per la prima volta non risponde di getto. Ci pensa, riflette. «Perchè sin da ragazzino, io lo conosco dai tempi delle medie, lui amava provocare. Lo faceva a parole, ma soprattutto con gli atteggiamenti. E con il look. Vi fu un periodo che s’innamorò pazzamente di un gruppo rock, i Tokyo Hotel e in particolare del loto cantante. Credo fosse nel 2007 o 2008. In poche settimane ne diventò quasi il sosia».

Ma più che a Bill Kaulitz, frontman dei Tokyo Hotel, Gabriele Defilippi pare essersi ispirato a Marilyn Manson controverso e ambiguo rocker statunitense, accusato anche di satanismo.

«Si è vero. Ma a lui non interessava la musica. Ma i suoi divi. E soprattutto ha sempre amato gli eccessi. Droga, alcol? Mi spiace, credo sia da vigliacchi ora descriverlo come un demone. Era un ragazzo problematico, certo. Ha fatto delle cazzate, all’epoca. Come tanti altri suoi coetanei».

Ma nessuno è diventato un assassino.

«Cosa gli sia passato per la testa non chiederlo a me. Posso dire che da adolescente provava piacere nel provocare gli adulti. Forse i suoi stessi genitori. Ma quello che ha fatto l’abbiamo letto sui giornali e visto in televisione ed è stato tutto molto triste».

Com’era con gli amici?

«Dipende. Soprattutto bisogna capire cosa significa amico. Gabriele credo ne avesse davvero pochi, di quelli veri. Soprattutto per colpa sua. Ultimamente si era raffinato. Ma ha passato anni a cercare di fare l’alternativo ad ogni costo. Non perché ci credesse. Ma per venir notato. Talvolta era imbarazzante».

E a scuola?

«Era un disastro. Gli insegnanti gli riconoscevano delle capacità, ma zero applicazione. Però, a modo suo, era anche simpatico. Soprattutto era bravissimo ad andare a scrocco».

Pochi soldi?

«Per lui il denaro era un’ossessione. Ne parlava in continuazione. Legava ogni discorso ai soldi, quasi che se uno non ne avesse dovesse per forza sentirsi un fallito. Perché Gabriele ha sempre giudicato le persone da quello che possedevano, non da quello che erano. Anche la sua seppur breve militanza politica l’aveva iniziata per entrare nell’entourage di un pezzo grosso della zona. Tra una pizza con i compagni o una serata non si sa bene dove e con chi, lui andava alla seconda. Poi si è scoperto quali erano le persone che frequentava e ora sappiamo tutti da dove potesse arrivare quel rotolo di banconote spesso come un rotolo di carta igienica che tirava fuori dalla tasca del giubbotto. L’ultima volta l’ho visto al bar quando mi offrì l’aperitivo, qui, in centro a Castellamonte. Cosa mi ha detto che faceva per vivere? Il consulente d’immagine. Non poteva certo dirmi che stava per andare a Londra a fare un master di economia e finanza. Lo ha fatto con altri. Non con me. Che conoscevo il suo percorso scolastico».

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