REGGIO CALABRIA – Francesco Gangemi non è Alessandro Sallusti. Innanzitutto perché Gangemi, classe 1934, giornalista pubblicista dal 1983, di anni ne ha 79 e ha collezionato ben otto condanne per diffamazione a mezzo stampa.
Il giornalista è stato arrestato su disposizione della Procura generale di Catania per scontare 2 anni per diffamazione aggravata a mezzo stampa.
Nonostante la veneranda età e le gravi patologie, Gangemi, a differenza di Sallusti, in carcere ci è finito per davvero: dovrà scontare due anni. Il direttore del periodico mensile Il Dibattito News che esce a Reggio Calabria, dopo l’arresto, è stato condotto prima in Questura e, successivamente, nella casa circondariale San Pietro di Reggio Calabria.
Gli avvocati Lorenzo Gatto e Giuseppe Lupis, legali di Gangemi, hanno presentato al Tribunale misure di sorveglianza un’istanza di scarcerazione per il loro assistito per motivi di salute. Gangemi è invalido civile al 100% ed è stato malato di cancro.
Sallusti, come è noto, dopo alcuni giorni di arresti domiciliari, ottenne dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la commutazione della pena detentiva in una multa. Ma prima c’erano stati l’ostinazione del direttore, la “evasione” e la polizia nella sede del giornale. E giù fiumi di inchiostro a difendere il diritto di espressione in Italia: da Giovannino Guareschi, querelato nel 1954 da De Gasperi, fino ai giorni nostri. Sessant’anni di giornalisti condannati ma poco noti per poter godere del giusto spazio sulle pagine di cronaca, come l’ha avuto invece la clamorosa condanna a 14 mesi di reclusione del direttore del Giornale. La decisione di Napolitano, all’epoca fu accompagnata da un forte richiamo al Parlamento a cambiare finalmente quella benedetta legge punitiva del 1948. Nei mesi precedenti il Senato aveva discusso per settimane la riforma partendo dalla cancellazione del carcere, ma strada facendo il testo si era riempito di norme paradossalmente più punitive per i giornalisti ed era stato accantonato. Ora, si auspica, che anche per Cangemi Napolitano torni ad esercitare il suo potere e che la diffamazione torni ad essere materia di dibattito parlamentare.
Cangemi non è Sallusti anche e soprattutto perché sopra i 70 anni il carcere è considerato illegale, tranne che per pochi e assai gravi reati.L’arresto di Cangemi, firmato del sostituto procuratore generale di Catania, Elvira Tafuri, giunge dopo l’ultima sentenza, passata in giudicato che lo riguarda, del 21 novembre 2012 emessa dal tribunale della città etnea. In tutto, però, sono otto le condanne emesse, dal 2007 al 2012, a carico del direttore del mensile nei tribunali di Reggio Calabria, Cosenza e Catania, in gran parte per il reato di diffamazione.
In un solo caso, Gangemi, è stato condannato anche per falsa testimonianza: la vicenda è relativa all’attività politica svolta dal giornalista che ha anche ricoperto la carica di sindaco di Reggio Calabria, per poche settimane, agli inizi degli anni ’90 in un periodo molto travagliato per la città calabrese dello Stretto.
Nel provvedimento di arresto si legge che il ”condannato” Gangemi ”ha omesso di presentare l’istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti”. A dare notizia dell’arresto di Gangemi è stato il figlio, giornalista anche lui e direttore di un sito d’informazione on line che, dopo avere definito ”grottesco” il provvedimento, ha ha fatto riferimento alle patologie di cui soffre il padre che, ha aggiunto, si è visto assegnare una ”invalidità al 100%”.
Immediata la reazione della Federazione della stampa. “E’ allucinante – hanno commentato il segretario generale, Franco Siddi, e il vicesegretario nazionale e segretario del Sindacato giornalisti Calabria, Carlo Parisi – che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non avere rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere. Quanto accaduto al giornalista pubblicista Francesco Gangemi appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee”.
Poi l’appello, lanciato invano già nei giorni del caso Sallusti, e delle condanne a carico del direttore di Panorama, Giorgio Mulè, e del giornalista Lino Jannuzzi. Siddi e Parisi fanno appello al Parlamento ”perché voglia, con urgenza riformare la legge sulla diffamazione” e si sono rivolti anche alle cariche istituzionali dello Stato per chiedere ”una considerazione appropriata e umana del caso che faccia uscire al più presto il giornalista Gangemi dalle patrie galere”. A favore dell’appello si è schierata anche l’Unione cronisti.
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