“Non siamo come i carabinieri. Come infiltrati non possiamo provocare…”. Un poliziotto “spiega” dopo il caso Ganzer

Gaiampaolo Ganzer

Dopo la sentenza sul caso Ganzer, il Corriere della Sera intervista un funzionario di polizia che parla delle operazioni sotto copertura . “In Italia gli infiltrati non possono fare come fanno per esempio quelli della Dea americana (Drug enforcement administration), l’ente preposto alla lotta al narcotraffico mondiale. Noi possiamo solo interrompere un’attività illecita in corso. Cioè, per essere ancora più chiari, possiamo intervenire, sotto copertura, quando ci sono già degli elementi di reato sui quali lavorare”.

Tre punti. Primo: a parlare non è un carabiniere ma è un poliziotto. E quando si parla di argomenti “scottanti” fa la differenza. “Questione di mentalità”, dice. Secondo: non è un infiltrato operativo ma è un funzionario che, per anni, ha coordinato gli infiltrati della polizia. Ne conosce i punti di forza ma anche le debolezze. Terzo: ha idee chiare su come si devono comportare i suoi uomini. “Non transigo, chi fa cose strane è fuori”. Quarto: del caso Ganzer non vuole parlare. “Se la vedrà con la sua coscienza, con i vertici dell’Arma e con i giudici”.

La quarantina passata da un pezzo, una lunga esperienza investigativa, l’ex capo degli infiltrati vuole essere subito chiaro: “Se ti fai prendere la mano è finita. Si fa presto a violare la legge. La prima regola è questa: noi non possiamo fare gli agenti provocatori, in codice come “Falco”, “Iscariota”o altro ancora. Magari si chiamano così tra colleghi. Ma poi l’infiltrato deve usare nomi reali come quelli del vicino di casa e anche noi dobbiamo chiamarlo così”.

I pazzi ci sono sempre e bisogna tenerli alla larga: “Come uno strano trafficante colombiano che ci ha offerto di far arrivare in un porto italiano mille chili di cocaina. Lui l’ha offerto a noi senza che ci fosse un’indagine in corso e quindi abbiamo dovuto stopparlo. Una volta, da alcune intercettazioni, sapevamo che un gruppo di peruviani voleva importare droga. Abbiamo simulato un incidente e un nostro agente ha dato un biglietto da visita con nome e indirizzo di una società di import-export che avevamo creato per cercare di agganciarli. Ci è andata male”.

Gli agenti provocatori ci sono: “Certo, li usano quelli della Dea e il Custom inglese. Provocatori nel vero senso della parola. Con conseguenze spesso inimmaginabili”.

Comments are closed.

Gestione cookie