TRIESTE – Giovanni Perissinotto e Raffaele Agrusti, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex direttore generale di Generali, sono indagati dalla Procura di Trieste con l’accusa di aver ostacolato l’esercizio delle autorità pubbliche di vigilanza.
L’indagine è nata dalle segnalazioni di Consob e Ivass (l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) su presunte irregolarità nei confronti della governance interna rispetto ad alcuni investimenti in private equity e fondi alternativi, decisi o gestiti direttamente da Perissinotto e Agrusti, senza le necessarie deleghe, o senza perizie o strumenti di monitoraggio e di protezione.
Generali aveva dichiarato di aver iscritto a bilancio su sette investimenti 234 milioni di perdite. Ma da un’analisi interna condotta da Kpmg a suo tempo, le operazioni controverse avrebbero però avuto un valore per 660 milioni. Tutte erano accomunate dal fatto di essere collegabili alla merchant bank Finint di Enrico Marchi e Andrea De Vido, a Palladio Finanziaria di Roberto Meneguzzo e al gruppo Valbruna della famiglia Amenduni, soci veneti in Generali tramite Ferak ed Effeti. Da qui la segnalazione all’autorità giudiziaria sul versante penale.
Sulla vicenda il Consiglio di amministrazione di Generali si era espresso una prima volta, dopo un parere legale, decidendo di non procedere contro Perissinotto. L‘Ivass aveva però chiesto alla compagnia di sottoporre nuovamente la decisione al comitato Controllo e rischi e quindi al Cda. In quella sede, la compagnia aveva escluso “qualsiasi profilo di rilevanza penale” nei comportamenti emersi.
Il 19 febbraio scorso il consiglio di amministrazione del gruppo aveva dato mandato al Group Ceo Mario Greco di ricorrere in sede giuslavoristica contro gli accordi risolutivi dei rapporti di lavoro di Perissinotto e Agrusti, ed eventualmente di intraprendere “ogni altra iniziativa volta al ristoro di tutti i danni subiti”.