Genitori aggrediscono infermiera: “Non dare quel farmaco a nostro figlio o ti uccido”

A Napoli, nel pronto soccorso pediatrico dell’ospedale Santobono, i genitori di un piccolo paziente non essendo d’accordo sulla somministrazione di un farmaco hanno aggredito e minacciato un’infermiera. Lo rende noto il consigliere regionale della Campania di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli, che ha ricevuto un messaggio dalla vittima dell’aggressione.

L’infermiera aggredita dai genitori

In un filmato che riprende alcuni momenti dell’aggressione l’infermiera si sente dire da un uomo: “Lo giuro sui miei figli, ti uccido. Se mio figlio si sente male, ti uccido.” “Assurdo. Abbiamo chiesto di identificare questi individui che dovranno essere denunciati – commenta Borrelli – . Ormai la situazione è fuori controllo. Non si può più tollerare che certi soggetti portino terrore e violenza negli ospedali. Tra i presenti ed impedendo al personale medico di svolgere le proprie mansioni. Servono presidi militari nei pronto soccorso e pene severe per violenti. Ad oggi nessun soggetto che ha sfasciato o realizzato aggressioni in un ospedale ha subito una condanna e intanto è sempre meno il personale medico disposto a lavorare nei pronto soccorso per paura di essere sottoposto a violenza”.

Il racconto dell’infermiera

“Le scrivo – dice la donna – per raccontarle un episodio spiacevole, un atto di violenza che ha interrotto il servizio del pronto soccorso del Santobono per più di 2 ore. Mettendo a rischio la salute mia e soprattutto quella dei piccoli pazienti che non hanno potuto ricevere degna assistenza in quei momenti. Io, infermiera di pronto soccorso pediatrico, ho dovuto abbandonare il posto di lavoro durante il turno notturno. Mi hanno impedito di svolgere il mio lavoro, nascosta dalle mie colleghe in uno stanzino, rinchiusa a chiave per difendermi. Sono stata bersaglio di gente che nemmeno voglio classificare. Ho dovuto tranquillizzare una mamma giunta in ospedale con una neonata che respirava male, perché sentendo inveire contro di me, mentre tra l’altro le spiegavo che sua figlia sarebbe stata la prossima bambina ad essere visitata visto la difficoltà respiratoria, perché aveva paura che quella gente si arrabbiasse con lei per la precedenza acquisita”.

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