Decine di appartamenti, terreni per svariati milioni di euro, cospicuo conto in banca. A quanto pare però non gli bastavano e così, per mettere le mani su una borsa di studio per suo figlio, ha dichiarato all’università di avere un reddito praticamente nullo. Ora il padre di famiglia finto povero è stato denunciato alla Procura della Repubblica per “falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico”, reato 483 del codice penale, e rischia fino a due anni di reclusione.
Genovese, impiegato comunale di 53, l’uomo non può certo lamentarsi della propria condizione economica: oltre ad avere trenta appartamenti, l’uomo custodiva nel caveau della banca teneva al sicuro più di 250.000. Alla borsa di studio per suo figlio, però, non voleva rinunciare. Così nel certificato consegnato alla segreteria di Facoltà, ha dichiarato di avere un reddito non superiore ai 4mila euro l’anno.
Nella dichiarazione Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), redatta solitamente da un centro di assistenza fiscale di qualche patronato, l’uomo aveva “scordato” di includere la proprietà di una trentina di case, di box, terreni e persino del conto in banca, finendo per dichiarare un reddito famigliare annuo di 19mila euro, quando la Guardia di Finanza ha valutato che sia almeno il triplo, per un valore di 68mila euro.
Per le sue “amnesie” il figlio ha dovuto rinunciare alla borsa di studio messa a disposizione dalla Regione Liguria, mentre a suo carico pesa una denuncia alla Procura della Repubblica per “falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico”.