La morte di Gigi Riva, il più grande bomber della Nazionale, ha sconvolto il mondo del calcio. “Rombo di Tuono”, come era soprannominato, era ricoverato nel reparto di Cardiologia del Brotzu di Cagliari per un infarto accusato domenica scorsa. Se n’è andato ieri pomeriggio alle 19:10, in un freddo giorno di gennaio. Le sue ultime parole del campione sono state di ringraziamento nei confronti dell’equipe medica che lo ha seguito fino alla fine. Uno di loro, il dottor Marco Corda, gli ha risposto semplicemente: “No, grazie a lei”.
La situazione precipitata in poco tempo
L’ex campione dello storico scudetto del Cagliari nella stagione 1969/70 era arrivato in ospedale alle 3 del mattino: infarto. Era già affetto da malattia coronarica, ma situazione si era stabilizzata con il passare delle ore. Anche il bollettino medico sembrava rasserenare tutti: “Il paziente è sereno e le sue condizioni generali sono stabili – si leggeva nel primo bollettino medico della direzione dell’Arnas Brotzu -. Attualmente Riva è sotto sorveglianza del personale sanitario e accudito dai familiari. Nei prossimi giorni si proseguirà con gli accertamenti clinici del caso”. Ma la situazione è peggiorata in poco tempo, intorno alle 17.50, con un arresto cardiaco ed è stato impossibile fargli riprendere un’attività cardiaca adeguata.
L’angioplastica rifiutata
“La situazione coronarica era sicuramente molto grave, trattandosi di una sindrome coronarica acuta in un quadro di stabilizzazione abbiamo suggerito di fare un’angioplastica”. Il primario di Emodinamica dell’ospedale Brotzu di Cagliari è uno dei cardiologi che ha cercato di convincere Gigi Riva a farsi operare. “Avremmo eseguito subito l’angioplastica se il paziente avesse dato il consenso. Purtroppo questo non è avvenuto – spiega il direttore Bruno Loi – e non si possono fare interventi contro la volontà del paziente e quindi abbiamo dovuto aspettare. Lui avrebbe voluto parlarne coi suoi familiari. Purtroppo queste situazioni possono precipitare anche improvvisamente e in quella situazione diventa poi difficile intervenire. Purtroppo è quello che è capitato“.Â