Giovanni Tizian, giornalista scortato per minacce mafiose al Nord

Pubblicato il 12 Gennaio 2012 - 09:24 OLTRE 6 MESI FA

MODENA, 12 GEN – Sono ormai migliaia i messaggi di solidarieta’, su Facebook e Twitter, per Giovanni Tizian, il giornalista precario di 29 anni di origine calabrese – collaboratore dal 2006 della ‘Gazzetta di Modena’ – che da venti giorni e’ sotto scorta perche’ minacciato dalla criminalita’ organizzata a causa delle sue inchieste su casalesi, ‘ndrangheta e Cosa nostra, che ”operano in Emilia-Romagna come se fossero a casa loro”.

In un intervento su Repubblica afferma: ”Cambia la quotidianità, nelle piccole cose di ogni giorno si avverte il cambiamento”, ma ”la voglia di andare avanti è più forte”: ”raccontare il potere delle mafie al Nord vuol dire raccontare il lato oscuro del Paese”.

Il cronista ripercorre il periodo del suo trasferimento in Emilia Romagna, negli anni ’90, dopo che ”mani ignote ma armate dalla ‘ndrangheta” hanno ucciso suo padre a Locri quando aveva solo 7 anni. Da allora racconta ”di come i clan si muovono e impongono servizi alle imprese obbligano imprenditori e commercianti a pagare il pizzo”, di come ha scoperto che in Emilia Romagna ”clan dei Casalesi operano come se fossero a casa loro”. ”Ricostruire i percorsi del fiume sotterraneo di denaro mafioso vuol dire toccare un nervo scoperto – scrive -, significa iniziare a demolire la facciata di legalità creata dai boss in anni di lavorio discreto con la complicità di insospettabili professionisti”. Un lavoro che Tizian sottolinea di svolgere con ”una passione immensa”, ma da giovane giornalista precario che vive, come tanti in ”questo strano Paese”, una ”doppia vulnerabilità, fisica ed economica”, e per i quali, non solo per se stesso, chiede tutela.

”Decine di telefonate, centinaia di messaggi, mi ha chiamato chiunque: rendere pubblico cio’ che mi sta accadendo ha certamente eretto un bel muro di speranza. Mi sento piu’ sicuro, condividere fa bene e serve a non sentirsi soli”: cosi’ il cronista sintetizza poi sulla ‘Gazzetta’, sotto il titolo ‘Vado avanti’, la sua ‘giornata sotto i riflettori’.

”Uno degli attestati di solidarieta’ che mi ha commosso maggiormente e’ la campagna lanciata dall’associazione ‘daSud’ e da Stop’ndrangheta.it, ‘Io mi chiamo Giovanni Tizian’. Un appello per tutelare me, ma anche tutti i giovani giornalisti precari di questo Paese”.

”Parlare di narcotraffico e di pizzo – scrive Tizian, che ha appena pubblicato per Round Robin un libro, ‘Gotica’, in cui ha raccolto la sua attivita’ di cronista di giudiziaria e le inchieste realizzate anche con il mensile Narcomafie e Linkiesta.it – e’ parlare, in fondo, di una questione di ordine pubblico. Ricostruire i percorsi del denaro mafioso vuol dire demolire la facciata di legalita’ creata con la complicita’ dei cosiddetti ‘colletti bianchi’. Rapporti che rendono i boss invisibili e socialmente accettati. E succede cosi’ che l’ apertura di un negozio etnico suscita piu’ allarme sociale rispetto alla colonizzazione dei territori da parte delle cosche. Che in questi territori, oltre la linea Gotica si sentono forti, e protette. Tanto che vorrebbero con le loro intimidazioni bloccare i giornalisti che fanno inchieste sui loro affari. Giovani giornalisti, precari ma con una passione immensa. Che rischiano e amano il proprio lavoro, che per pochi euro, al Sud come al Nord, mettono in gioco la propria vita per far conoscere a tutti questa realta’. Giovani cronisti che vivono una doppia vulnerabilita’, fisica ed economica”.