Giulio Regeni: Procura Roma fa il nome dell’assassino, 4 gli 007 egiziani indagati. Torture con lame e bastoni

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Dicembre 2020 - 15:42 OLTRE 6 MESI FA
Al-sisi licenzia il generale dei servizi segreti Tareq Ali Saber, quello del caso Regeni

Al-sisi licenzia il generale dei servizi segreti Tareq Ali Saber, quello del caso Regeni (foto Ansa)

Giulio Regeni, lame e bastoni per le torture, 9 giorni di sevizie. Un sicario col grado di maggiore dei servizi egiziani lo ha finito, un’esecuzione eseguita praticamente a mani nude.

A suon di percosse, strangolamenti, violenza inaudita spietatamente inflitta.

Giulio Regeni, il maggiore Sharif il nome dell’assassino per i pm romani

Per la Procura di Roma è il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif il torturatore di Giulio Regeni e colui che lo uccise.

La Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta relativa alla vicenda. I pm hanno emesso quattro avvisi di chiusura delle indagini, che precede la richiesta di processo, per appartenenti ai servizi segreti egiziani.

A quattro appartenenti della National Security, il servizio segreto egiziano, i magistrati di Roma contestano il sequestro di persona pluriaggravato in “concorso tra loro e con soggetti non ancora identificati”.

Le accuse, a seconda delle posizioni, sono di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.

Gli altri indagati. Tutti “irreperibili”

A rischiare il processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.

Quest’ultimo, oltre al sequestro di persona pluriaggravato contestato a tutti, deve rispondere di lesioni personali aggravate (il reato di tortura esiste solo da luglio 2017) e l’omicidio del ricercatore friulano.

Chiesta l’archiviazione invece per Mahmoud Najem. 

La notifica della conclusioni “delle indagini è avvenuta tramite il rito degli irreperibili”. E cioè direttamente ai difensori di ufficio italiani non essendo pervenuta l’elezione di domicilio degli indagati dal Cairo.

Giulio Regeni, dalla denuncia al sequestro, dalle torture alla morte

Tutto parte “dalla denuncia presentata, negli uffici della National security, da Said Mohamed Abdallah, rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti del Cairo Ovest”.

I quattro indagati “dopo aver osservato e controllato direttamente ed indirettamente, dall’autunno 2015 – scrivono i pm – alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni, abusando delle loro qualità di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all’interno della metropolitana del Cairo”.

In base all’atto di conclusione delle indagini, Regeni venne condotto “contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly”. Dove venne “privato della libertà personale per nove giorni”.

Regeni subì sevizie durate giorni che causarono “acute sofferenze fisiche” messe in atto anche attraverso oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni.

Il film delle torture: 9 giorni di sevizie

E’ la drammatica descrizione del violenze subite dal ricercatore italiano nel corso dei suoi giorni di sequestro in Egitto fornita dai magistrati di Roma.

“Motivi abietti e futili e con crudeltà” hanno cagionato lesioni  e “la perdita permanente di più organi”. Giulio è stato seviziato “con acute sofferenze fisiche, in più occasioni ed a distanza di più giorni attraverso strumenti dotati di margine affilato e tagliente ed azioni con meccanismo urente”.

Una azione che ha causato “numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico dorsale e degli arti inferiori. Attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci o pugni e l’uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni, mazze). E meccanismi di proiezione ripetuta del corpo contro superfici rigide ed anelastiche”.

Le accuse dei pm al maggiore Sharif per la morte di Giulio

Di seguito il quadro probatorio che accusa il maggiore egiziano. “Al fine di occultare la commissione dei delitti suindicati – scrivono i magistrati -, abusando dei suoi poteri di pubblico ufficiale egiziano”, Sharif  “con sevizie e crudeltà, mediante una violenta azione contusiva, esercitata sui vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a Regeni. Da cui conseguiva una insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte”. (fonte Ansa)