Giuseppe Piccolomo, omicida “mani mozzate”, indagato anche per Lidia Macchi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Luglio 2014 - 10:22 OLTRE 6 MESI FA
Giuseppe Piccolomo indagato anche per omicidio Lidia Macchi

Giuseppe Piccolomo indagato anche per omicidio Lidia Macchi

MILANO – Giuseppe Piccolomo, l’autore del delitto delle mani mozzate, potrebbe aver ucciso anche Lidia Macchi, la studentessa ventenne trovata massacrata a coltellate nel 1987 nei boschi vicino a Varese. Un omicidio insoluto da 27 anni, ma da tempo collegato al nome di Piccolomo, condannato all’ergastolo per aver ucciso nella villetta a Cocquio (Varese) la pensionata Carla Molinari, il cui cadavere venne trovato orribilmente seviziato e mutilato, nel novembre del 2009.

Piccolomo, 64 anni, è sospettato anche di essere in qualche modo coinvolto anche nella morte della moglie.

Gli atti di chiusura indagini sono state depositati in vista della richiesta di rinvio a giudizio per Piccolomo. Le accuse nei suoi confronti sono di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione, dei motivi abbietti e futili, della crudeltà e per aver agito con lo scopo di occultare una violenza sessuale.

Del delitto venne sospettato anche un sacerdote, don Antonio, per il quale, insieme all’avviso di chiusura indagini su Piccolomo, è stata disposta l’archiviazione.

Il delitto di Lidia Macchi fece molto scalpore alla fine degli anni ’80. Lidia, bella ragazza dai capelli neri e gli occhi scuri, studentessa modello iscritta all’Università a Statale, capo scout nella sua parrocchia, impegnata in associazioni di volontariato, era scomparsa il 5 gennaio 1987. La sua auto era rimasta parcheggiata davanti all’ospedale di Cittiglio (Varese).

Venne trovata morta una quarantina di ore in un bosco a pochissima distanza, massacrata con una trentina di coltellate. Aveva avuto o subito un rapporto sessuale, si era forse rivestita in fretta o qualcuno lo aveva fatto per lei: i collant erano alla rovescio. Si sospettò di un sacerdote, Don Antonio, 32 anni. Ma non fu mai né un riscontro né una prova.

Sembrava un caso destinato a diventare uno de cold case della storia criminale italiana. Ma l’orrore del delitto delle mani mozzate ne scoperchia altri. A convincere il sostituto procuratore che Piccolomo possa essere il responsabile dell’omicidio di Lidia ci sono diversi elementi. Ma le prime ad accusarlo sono proprio le figlie, convinte che abbia ucciso anche la loro mamma. Loro erano solo delle bambine nel 1987 ma si ricordano, e lo raccontano agli inquirenti con sicurezza, che il padre, descritto come un genitore brutale e cattivo, si era vantato spesso di aver ucciso lui la studentessa.