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Disabile vessato: tre dirigenti Google condannati a Milano

di Emiliano Condò |24 Febbraio 2010 18:27

Il tribunale di Milano ha condannato tre dirigenti di Google accusati di diffamazione e violazione della privacy per non avere impedito nel 2006 la pubblicazione sul motore di ricerca di un video che mostrava un minore affetto da sindrome di Down insultato e picchiato da quattro studenti di un istituto tecnico di Torino.

«Siamo negativamente colpiti dalla odierna decisione di condanna di alcuni dirigenti della Google Inc. per la pubblicazione su Google di un video dai contenuti offensivi», ha sottolineato, in una nota, l’ambasciatore americano a Roma, David Thorne, in riferimento alla sentenza del tribunale di Milano che ha condannato tre dirigenti di Google per violazione della privacy. «Pur riconoscendo – spiega nella nota – la natura biasimevole del materiale, non siamo d’accordo sul fatto che la responsabilità preventiva dei contenuti caricati dagli utenti ricada sugli Internet service provider».

A tre imputati sono state inflitti sei mesi di reclusione. Un quarto dirigente che era imputato è stato assolto. La condanna è arrivata al termine di un processo celebrato con rito abbreviato.

Quello che si è concluso oggi, mercoledì 24 febbraio 2009, in primo grado, davanti al giudice monocratico della quarta sezione penale Oscar Magi, è il primo procedimento penale anche a livello internazionale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul web.

Il giudice ha condannato a sei mesi di reclusione (pena sospesa) David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italy e ora senior vice president, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy e ora in pensione, e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l’Europa di Google Inc. I tre sono stati condannati per il capo di imputazione di violazione della privacy, mentre sono stati assolti per quello relativo alla diffamazione.

E’ stato assolto invece Arvind Desikan, responsabile del progetto Google video per l’Europa, a cui veniva contestata la sola diffamazione. Il giudice ha disposto inoltre la pubblicazione per estratto della sentenza su Corriere della Sera, Repubblica e Stampa. Non hanno ottenuto risarcimenti le due parti civili costituite, ossia il comune di Milano e l’associazione ‘Vividown’, poiché la loro posizione era legata solo al reato di diffamazione contestato agli imputati.

Il video con le vessazioni al disabile venne girato da quattro studenti nel maggio 2006 e poi caricato su Google Video l’8 settembre, dove rimase, cliccatissimo nella sezione ‘video piu’ divertentì, fino al 7 novembre, prima di essere rimosso.

Nel corso del processo, i familiari del minore disabile avevano ritirato la querela nei confronti dei dirigenti di Google.

Subito dopo la sentenza sono scattate le reazioni e si può preveder che la decisione del giudice Magi avrà presto una vasta eco in tutto il mondo.

Secondo Google, la sentenza è “un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito internet”. A nome di Google, Marco Pancini ha chiarito che farà appello “contro questa decisione che riteniamo a dir poco sorprendente, dal momento che i nostri colleghi non hanno avuto nulla a che fare con il video in questione, poiché non lo hanno girato, non lo hanno caricato, non lo hanno visionato”. Secondo Pancini, i tre dirigenti sono stati dichiarati “penalmente responsabili per attività illecite commesse da terzi”. Secondo Google, i tre dirigenti nel processo “hanno dato prova di coraggio e dignità, poiché il fatto stesso di essere stati sottoposti a giudizio è eccessivo”. Google, nel corso del procedimento penale, ha sempre sostenuto che la responsabilità è di chi carica il video in rete. Per il portavoce di Google “se questo principio viene meno, cade la possibilità di offrire servizi su internet”.

Ovviamente di parere opposto i magistrati che hanno sostenuto l’accusa: “Siamo molto soddisfatti perché con questo processo abbiamo posto un problema serio, ossia la tutela della persona umana che deve prevalere sulla logica di impresa” hanno detto il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il Pm Francesco Cajani. “La tutela della persone é fondamentale nella società di oggi. E la libertà di impresa non può mai prescindere dalla tutela della dignità umana, come ha dimostrato questo processo”. Questo, secondo Robledo e Cajani, “non è stato un processo sulla libertà della rete come alcuni hanno detto. Si è posto invece per la prima volta in Italia un problema serio sui diritti della persona nella società di oggi”.

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