Ha nodulo al seno, ripassi. A 39 anni muore madre di 4 figli

L'articolo del Mattino di Padova
L’articolo del Mattino di Padova

ROMA – La storia è raccontata dal Mattino di Padova. La storia di una donna morta a causa di un tumore al seno e che, secondo l’accusa del marito, si sarebbe potuta salvare se i medici l’avessero curata prima. “Signora, torni tra quattro mesi per un controllo” le avevano detto, come racconta il marito, i medici dopo aver notato il nodulo.

Due anni di sofferenze terribili con la consapevolezza che, alla fine di quel “viaggio”, ci sarebbe stata nient’altro che la morte. È il percorso dolorosissimo di una mamma di appena 39 anni: per lei nessuna speranza di guarigione, solo la certezza di dover dire addio per sempre ai suoi quattro bambini e al marito. Se n’è andata sabato mattina alle 10, morendo nel letto di una stanza dell’hospice Santa Chiara in via Giovanni da Verdara, a Padova. E ora il marito, distrutto da quel dolore lancinante eppure deciso a esigere verità, si chiede se la morte della compagna di vita fosse evitabile. Perché nel maggio 2013 la trentanovenne, di origine nigeriana ma da anni residente in un appartamento a Mortise in via Bajardi, si era sottoposta a una mammografia. L’esame aveva individuato nella mammella sinistra un nodulo di 2,7 centimetri. Un nodulo di consistenza dura che avrebbe dovuto fare scattare il campanello d’allarme. Eppure nessuno aveva disposto accertamenti o ulteriori verifiche: nessuna biopsia, nessun ago aspirato per verificare la natura di quella massa. Solo un invito alla donna che aveva appena concluso l’allattamento dell’ultimo nato, all’epoca appena sette mesi: «Signora, torni tra quattro mesi per un controllo». Troppo tardi. A settembre l’ago aspirato, subito eseguito di fronte alla crescita rapida del nodulo, aveva confermato: carcinoma ovvero tumore maligno. Ormai il nodulo al seno era raddoppiato (3,5 centimenti per 4,6 centimetri) e il tumore aveva già colpito i linfonodi. La trafila è quella drammatica di chi tenta il tutto e per tutto: sedute di chemioterapia pesantissima nel tentativo di ridurre il corpo estraneo troppo voluminoso e di rendere possibile – anzi utile – un intervento chirurgico. E un ondeggiare continuo tra speranze e disillusioni. In pochi mesi le metastasi intaccano anche il fegato e ogni terapia si conclude con un insuccesso.
Il marito, operaio, è rimasto solo con i suoi quattro bambini di 12, 11, 7 e 3 anni. Ora, affidandosi alla tutela della penalista Marina Infantolino, l’uomo ha trasmesso in procura una dettagliata denuncia per sollecitare l’accertamento di eventuali responsabilità penali (…).

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