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Igor il Russo: “Davide Fabbri mi doveva 10mila euro. Verri andava sdraiato perché era un poliziotto”

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Igor il Russo: “Davide Fabbri mi doveva 10mila euro. Verri andava sdraiato perché era un poliziotto”

BOLOGNA – Dopo il rinvio di novembre per un problema tecnico, è iniziata oggi, 30 gennaio, davanti al gup di Bologna, l’udienza preliminare per Norbert Feher, alias Igor il Russo, accusato in Italia degli omicidi del barista Davide Fabbri e della guardia giurata Valerio Verri. 

C’è stato il video collegamento dalla Spagna dove è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Saragozza. 

Su Igor non sarà fatta una perizia psichiatrica, l’ha deciso il Gup Alberto Ziroldi, che ha respinto la richiesta della difesa del serbo. Secondo il giudice non è dunque necessaria, ai fini del processo, valutare la capacità di intendere e di volere di Feher. L’imputato ha risposto alle domande delle parti per quasi due ore, collegato in video dal carcere spagnolo. 

Per la prima volta il killer ha dato la sua spiegazione sull’assalto al bar alla Riccardina di Budrio, l’1 aprile 2017, dove massacrò Davide Fabbri, prima vittima della scia di delitti di cui si è macchiato. “Dovevo schiacciare tutto quello che avevo davanti. Mi sono sentito minacciato, allora ho tirato fuori la seconda arma e l’ho seccato”. Feher ha anche spiegato di essere andato nel bar di Fabbri non per una rapina, ma per riscuotere un credito di circa 10mila euro per conto di una persona di cui non ha fatto il nome: sarebbe stato pagato con il 10% della somma e con alcune pistole.

“Ho sparato a Ravaglia – ha poi aggiunto a proposito del secondo scontro a fuoco – perché aveva una pistola in mano. Poi ho sparato a Verri senza guardare se era armato perché per me era un poliziotto pure lui e dovevo sdraiare tutti e due”. Parole che avrebbe pronunciato Feher secondo quanto riporta su Facebook Francesca Verri, figlia di una vittima, presente in aula.

“Non tradirò mai gli amici”. Il killer serbo è stato reticente riguardo a eventuali complici e fiancheggiatori che lo hanno aiutato nella latitanza. Igor avrebbe dunque parlato di una sorta di “codice” che lo porta a non fare i nomi di chi lo ha coperto nella fuga.

Il serbo ha poi raccontato del suo arresto. Dopo l’omicidio dell’allevatore José Iranzo nelle campagne dell’Aragona, il killer rimase in zona e non fuggì subito perché voleva recuperare la sua Bibbia, lasciata in un covo. In seguito al primo assassinio spagnolo, tornò dunque sui propri passi e uccise anche due agenti della Guardia Civil, prima di essere arrestato il 15 dicembre, trovato svenuto ai margini di una strada dove aveva fatto un incidente stradale.

L’elemento della Bibbia conferma la forte religiosità dichiarata dal killer anche nelle sedute con gli psicologi che hanno avuto colloqui con lui in Spagna. Igor non ha invece fornito elementi chiari sul percorso della sua fuga dall’Emilia, da cui fece perdere le sue tracce ad aprile 2017, alla penisola iberica, dove venne ritrovato, appunto, a dicembre. Ha detto di essersi mosso in bici, e con altri mezzi, di aver fatto tappe in Francia, ma non ha mai accennato a complici e non ha voluto rispondere alle domande sul tema. Così come non ha fornito dettagli particolari sulla sua latitanza: “La natura è casa mia”, avrebbe semplicemente detto, spiegando come ha fatto a rimanere nascosto per tanto tempo, sfuggendo a un’imponente caccia all’uomo.

Igor ha invece detto di non c’entrare nulla con la rapina alla guardia giurata Piero Di Marco, il 30 aprile 2017 a Consandolo (Ferrara) né con l’omicidio del metronotte Salvatore Chianese, nel dicembre 2015 a Ravenna, un ulteriore e precedente delitto per cui è sospettato. 

 

 

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