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Il vescovo di Verona Giuseppe Zenti: “Don Verzè sapeva di aver debordato”

di luiss_smorgana |2 Gennaio 2012 17:08

VERONA – Solitario ''come tutti i geni'' don Luigi Verze', ma anche ''disposto a riconoscere di aver debordato''. Questo uno dei ricordi del controverso fondatore del San Raffaele che il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, ha citato nell'omelia pronunciata durante il funerale del sacerdote d'origini veronesi, ad Illasi.

''E' vissuto tra applausi che non disdegnava e grattacapi'', ha detto ancora il vescovo di Verona. Nel corso dell'omelia mons. Zenti ha avuto parole di perdono, e di umana comprensione per don Verze'. In particolare, il prelato ha fatto riferimento ad una lettera che lo stesso fondatore del San Raffaele gli aveva inviato il 16 dicembre scorso, nella quale Don Luigi avrebbe appunto riconosciuto di ''aver debordato''. Un uomo che in questi ultimi anni ha vissuto il clamore anche mediatico, ma – ha sottolineato mons. Zenti – ''ha anche conosciuto i momenti del tabor e del calvario''.

''Si e' detto di tutto su di lui – ha proseguito il vescovo – anche fuori dalle righe con una certa disinvoltura, non sempre con umanita'. E' stato piu' analizzato a spicchi che considerato nella sua globalita', a partire dalla sua interiorita'''. Solo negli ultimi sei mesi, secondo Zenti, e' scattata nei media la voglia ''di squarciare il velo della sua complessa vita. E un po' di fango, anche troppo, e' stato buttato sulla sua persona e il sul suo operato''.

Ma, ha osservato il presule, ''i malati erano i suoi padroni, e percio' viveva per i malati. Se ha avuto degli eccessi la colpa, per cosi' dire, va ad attribuirsi ad un eccesso per i malati. Per loro ha voluto il meglio del meglio. ''I malati, soleva dire don Luigi, vanno adorati – ha ricordato mons. Zenti – perche' nei malati c'e' una presenza di Gesu', nel limite del genere umano. Si commoveva pensando che il giudizio di Dio passa attraverso l'esame dell'amore. D'oro i tabernacoli, d'oro le strutture per i malati, mi diceva''.

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