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Imprenditrice paga il conto di due bimbi cacciati dall’asilo: polemiche

di Alessandro Avico |7 Dicembre 2009 18:47

A volte la solidarietà e la comprensione può non essere apprezzata col giusto peso. Potrebbe essere questa la morale della storia successa ad un’imprenditrice marchigiana che ha saldato il debito di 460 euro che impediva a due bambini padovani di frequentare la mensa dell’asilo nido. Fiorella Faggiolati, procuratore dell’azienda di famiglia Faggiolati Pumps spa di Sforzacosta di Macerata (elettropompe sommergibili) ha letto la notizia sul Corriere Adriatico del 28 novembre scorso.

La mattina stessa la donna ha telefonato al Servizio scolastico comunale di Padova e inviato per conto corrente postale la somma richiesta. «Mi hanno assicurato che il bambino sarebbe stato reintegrato a mensa il giorno stesso – spiega la Faggiolati – in un primo momento avevo capito che il bambino era uno solo, di 5 anni, poi mi hanno detto che anche il fratellino era stato escluso dai buoni pasto, e che i 460 euro bastavano a ripianare il debito del 2008 di tutti e due».

Pur non sapendo chi siano, Fiorella Faggiolati afferma che «lo Stato, la scuola non possono permettere che dei bambini paghino per gli errori o le difficoltà dei genitori. Cacciarli dalla mensa è una forma di violenza, esattamente come una violenza fisica». L’imprenditrice, 45 anni, una figlia, spiega di aver agito d’impulso, d’intesa con il marito Giovanni, titolare dell’azienda, per il quale «è assurdo che al giorno d’oggi certe cose possano ancora accadere». «Non cercavo pubblicità – conclude la signora Faggiolati – volevo solo ristabilire un po’ di rispetto umano. La cosa che nella nostra impresa viene al primo posto».

L’assessore padovano alle politiche scolastiche Claudio Piron commenta la notizia e non nasconde che l’iniziativa benefica non lo trova d’accordo: «Non si tratta di un diritto negato alla signora – puntualizza – ma solo della necessità che la donna dimostri, carte alla mano, le sue particolari condizioni familiari». Nel ribadire che gli asili nido «sono un servizio a domanda individuale», alla quale le famiglie possono accedere dietro il pagamento di un contributo, Piron sottolinea che «ogni stato di disagio deve essere documentato», così come deve essere formalizzata per iscritto l’eventuale richiesta di rateizzazione del debito.

«Invece la signora in questione – precisa l’assessore – ci ha fatto avere la domanda solo dopo aver protestato sui giornali». «Dalla precedente maggioranza – accusa ancora Piron – abbiamo ereditato una situazione che prevedeva una compartecipazione del 47% da parte delle famiglie ai servizi a domanda individuale, ora la percentuale è scesa al 38%».

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