Le donne italiane ricorrono meno all’aborto: merito della contraccezione o “colpa” di un diritto sempre più ostacolato a causa del crescente numero di medici obiettori? I dati del ministero della Salute (riportati da Flavia Amabile su La Stampa) dicono che nel 2009 in Italia sono state effettuate 116.933 interruzioni volontarie di gravidanza (ivg), con un calo del 3,6% rispetto al dato definitivo del 2008, che è di 121.301 casi.
Parallelamente però, nel 2008, i ginecologi obiettori di coscienza hanno toccato quota 71,5% contro il 70,5% del 2007 e il 58,7% del 2005. e non solo i medici. Gli anestesisti salgono al 52,6% (era 45,7% nel 2005) e il personale non medico al 43,3% (era 38,6% nel 2005).
C’è ancora un’enorme differenza tra praticare l’aborto al nord o al sud. L’obiezione di coscienza nel Lazio raggiunge la cifra record dell’85,6%, non va meglio in Veneto (80,8%), in Molise (82,8%) o in Campania (83,9%).
Un leggero aumento lo fa registrare l’uso della pillola contraccettiva, passata dal 16,2% al 16,3%, soprattutto fra le giovanissime.
In questo quadro una riflessione a parte meritano i consultori. Sono il 30% in meno del numero stabilito dalla legge. “Attualmente in Italia – spiega Emilio Arisi, consigliere della società italiana di ginecologia – esistono 2.168 consultori pubblici e 114 privati, per un totale di 0,7 consultori per 20mila abitanti, quando dovrebbero essere uno ogni 20mila abitanti, come previsto dalla legge 34/1996. Tra l’altro i consultori privati non collaborano mai nell’opera di educazione sessuale e alla contraccezione, essendo di tipo religioso o confessionale”.