FIRENZE – Cinquantacinque persone hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagine relativa al filone dell’inchiesta sui Grandi Appalti, che ha analizzato la gestione della Banca Credito Cooperativo Fiorentino, di cui è stato presidente il coordinatore del Pdl Denis Verdini. Fra gli indagati, oltre a Verdini, anche Marcello Dell’Utri.
Verdini è indagato da tempo, ma l’ipotesi di reato è passata dal mendacio bancario all’associazione per delinquere finalizzata, tra l’altro, all’appropriazione indebita. Dell’Utri è invece accusato di appropriazione indebita. L’accusa nei suoi confronti farebbe riferimento ad un affidamento con scoperto di conto che si aggirerebbe intorno ai 3 milioni di euro. Fra gli indagati gran parte dei vertici del Credito Cooperativo Fiorentino e della Btp, all’epoca presieduta da Riccardo Fusi.
Sono 34 gli episodi di appropriazione indebita contestati dai magistrati fiorentini ai vertici del Credito Cooperativo fiorentino, la banca che era presieduta dall’onorevole Denis Verdini: 27 riguardano rapporti con l’impresa la Btp all’epoca di Riccardo Fusi e 7 altri indagati, fra cui Marcello Dell’Utri. Per 18 persone, fra le quali i vertici di Btp e Ccf, l’accusa e’ associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita. L’inchiesta, coordinata dai pm Giulio Monferini, Luca Turco e Giuseppina Mione, e’ stata condotta dai carabinieri del ros di Firenze.
I magistrati contestano anche numerosi reati bancari. Verdini e’ accusato, assieme ai vertici della banca, di falso in bilancio perche’ l’istituto avrebbe vantato crediti non piu’ esigibili per un importo inferiore al reale di 150 milioni euro. Il coordinatore del Pdl, in quanto esponente politico, e’ accusato anche di finanziamento illecito: secondo gli investigatori avrebbe ricevuto da una serie di imprenditori del settore dell’edilizia circa 700 mila euro in cambio di consulenze fittizie giustificate con false fatture. Fra le altre accuse, false comunicazioni e ostacolo all’autorita’ di vigilanza, oltre, in particolar modo per Verdini, all’aver svolto operazioni bancarie in conflitto di interessi. Secondo gli investigatori, il patrimonio di vigilanza del Ccf sarebbe stato di 3 milioni inferiore a quello dichiarato.