ROMA – A proposito di indignazione. Manifestavano gli indignati che non vogliono pagare una crisi che non hanno provocato. Prima di indignarsi contro chi quella manifestazione ha trasformato in un campo di battaglia. S’indigna chi li vorrebbe tutti in galera. Provocando una reazione indignata uguale e contraria. Proliferano i “senza se e senza ma”, gli “io c’ero”, i “mai più”.
Un quadro di cosa sia successo veramente sabato a Roma può essere fornito provando a misurare il peso dell’indignazione, certa, cronica, flagrante, di poliziotti e carabinieri impegnati a contenere, fallendo, la furia organizzata di 3000 black block in libera uscita. Il racconto di un funzionario del Reparto Mobile descrive l’impotenza ampiamente prevista, le condizioni materiali degli agenti, le responsabilità politiche a monte.
“Si poteva fare di più, ma un problema che pochi considerano è quello dell’invecchiamento degli agenti. Nel mio reparto il più giovane aveva 47 anni ed è durissima fare lunghe corse per cinque ore con addosso casco, scudo e maschera antigas, mentre si fronteggiano diciottenni che hanno ben altra prestanza fisica. Non dimentichiamo che un carabiniere stato colto da infarto mentre correva”. 47 anni il più giovane? Dice nulla sul ricambio generazionale, sull’invecchiamento della società? E sulla paura fisica, sull’avere molto da perdere, sul rischiare la pelle per 7 euro lordi l’ora?
Le avvisaglie degli scontri, spiega, “c’erano: fin dall’inizio abbiamo visto nel corteo frange di malintenzionati col volto travisato, scudi e corpi contundenti. Li tenevamo sotto controllo fin da quando sono arrivati dalla metropolitana, ma si sono nascosti tra la folla pacifica. E non è vero – precisa – che i manifestanti li hanno isolati, perché uscivano continuamente per attacchi a negozi, banche ed auto per poi tornare nel corteo”. Come è vero, però, che a mente fredda, centinaia sono stati i video, le foto consegnati spontaneamente alla Polizia per identificare i responsabili dei vandalismi.
L’Idv, il partito di Di Pietro, è stato, da sinistra, il più sollecito a solidarizzare con i poliziotti ma anche ad accusare i vertici delle forze dell’ordine di mancata prevenzione. Lo sostiene con forza anche l’attore Michele Placido, poliziotto ad honorem per via del commissario Cattani nella Piovra (con Monicelli fece prima un celerino colpito in fronte dai compagni, ma erano altri tempi). Il funzionario della Mobile conferma indirettamente: “Il problema è che occorrerebbe fermare i violenti prima che entrino nel corteo. Per farlo bisognerebbe capire chi sono e da dove vengono e sabato, contrariamente a quanto avvenuto in altre occasioni, non avevamo il supporto delle Digos delle altre province di provenienza dei manifestanti perché non ci sono soldi per pagare le missioni”.
Chiaro come il sole: si pensi che molti agenti sono costretti a organizzare una colletta per raggranellare qualche euro per la benzina delle volanti. E’ colpa dei tagli, si dice. “Non si sottraggono alle forze di polizia 3 miliardi di euro in tre anni senza profonde e negative conseguenze sulle dotazioni e sulle retribuzioni” sostiene Luigi Zanda, vicepresidente del gruppo Pd. Altro che complotti, cattivi maestri, leggi speciali: la quota di anarchia e rifiuto delle istituzioni è fisiologica in tutte le società avanzate. Ma per perseguire i reati e proteggere i diritti di tutti bisogna pagare la sicurezza, che rappresenta una parte rilevante del patrimonio sociale. Smantellarne i cardini umilia il poliziotto reso imbelle e il cittadino cui si nega anche il diritto di protestare.