ROMA – Gli insegnanti delle scuole del sud si ‘ammalano’ tre volte più di quelli del nord, ovvero si prendono più giorni di malattia all’anno. Lo rileva il rapporto annuale di Tuttoscuola che registra come, più in generale, ancora ci sia un dislivello notevole tra le scuole del nord e quelle del sud. Oltre ai giorni di assenza degli insegnanti, la differenza si trova anche nei voti (più alti al sud che al nord), nella precarietà e nel tasso di abbandono degli studi.
Si ‘ammalano’ più i docenti del sud. Il rapporto di ‘Tuttoscuola’ mette soprattutto in risalto che la provincia con più “insegnanti assenti per malattia” è Reggio Calabria e quella più ‘virtuosa’ è invece Asti. Si nota che in media i docenti reggini si ammalano 12,8 giorni l’anno. Tre volte e mezzo di più dei colleghi astigiani: 3,6. Spiega lo studio di Tuttoscuola: “In tutti i gradi di scuola i docenti che fanno meno assenze per malattia sono sempre quelli del Piemonte (dove peraltro operano molti professori di origine meridionale). Quelli che ne fanno di più sono invece quelli della Calabria, che si assentano dal servizio più del doppio dei colleghi piemontesi. In particolare, i più virtuosi sono i docenti delle scuole superiori della provincia di Asti (3,6 giorni medi all’anno di assenza per malattia). I meno virtuosi, o appunto i più cagionevoli di salute, cioè quelli che si assentano di più per malattia, sono quelli delle scuole superiori della provincia di Reggio Calabria (12,8 giorni medi all’anno pro capite)”.
Per quanto riguarda il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) “la provincia con meno assenteismo è quella di Cuneo (7,5 giorni all’anno), quella con più assenteismo per motivi di salute quella di Nuoro, che sfiora (in media) i 15 giorni (Reggio Calabria è subito dietro con 14,5 giorni)”. Parliamo di giorni lavorativi: “giusto tre settimane all’anno a letto, che si sommano a ferie (che come si sa per i docenti, complice la chiusura estiva delle scuole, sono particolarmente lunghe), festivi, Santi patroni e nel 2011 anche al centocinquantenario dell’Unità d’Italia”.
Voti più alti al sud. Altro dislivello tra scuole del sud e quelle del nord si registra nei voti di maturità. Nel rapporto si dice che nel Vibonese “si registra alla maturità una delle più alte percentuali di studenti promossi con il massimo dei voti e la più bassa percentuale di studenti promossi con il minimo dei voti”. Il 33,6% dei diplomati, quindi, incassa alla maturità un 100 o addirittura un 100 e lode. Una percentuale molto più alta della media nazionale (23%) ma addirittura tripla rispetto a quella della provincia di Varese.
La tendenza, del resto, è uguale a livello di macroaree: i «bravissimi» premiati con il 100 o il 100 e lode sono nel Sud il 25,8%, nel Nord-Ovest il 18,7: quasi un terzo di meno. Sul piano regionale, le differenze sono ancora più marcate: gli studenti che escono con il massimo dei voti dagli istituti superiori calabresi sono il 30,4%. Da quelli lombardi la metà: 16,6%.
La spina precarietà: il nord ne ha di più. E’ quando si arriva al capitolo precari che il divario si allarga. Spiega il rapporto che “la precarietà è di casa al Nord, mentre è molto più attenuata al Sud e nelle Isole”. Qualche esempio? Solo 5,6% di docenti precari nella scuola dell’infanzia statali al Sud e 18,9 nel Nord-Est, solo 3,2 nelle primarie al Sud e 16,2 nel Nord-Ovest, 24,5% tra insegnanti di sostegno al Sud e 56,2 al Nord-Est. E così via…
Abbandono scolastico: ‘vince’ il sud, con l’eccezione di Novara. Per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico, è nuovamente il sud a vestire la maglia nera. Ma con un’eccezione. Scrive ‘Tuttoscuola’ sul rapporto: “Ancora una volta Sardegna, Sicilia e Campania registrano le più alte punte di dispersione scolastica, perdendo per strada circa quattro ragazzi ogni dieci iscritti al primo anno”. Ma c’è Novara che fa eccezione perché pure essendo al nord ha un altissimo tasso di abbandono. Novara ha addirittura “la palma del maggior abbandono scolastico: il 36,3% degli iscritti, alla fine del quinquennio dei licei classici e degli istituti ex magistrali, e il 46,8 per cento alla fine del biennio iniziale degli istituti professionali”.