Il legale della donna, l’avvocato udinese Giuseppe Turco, aveva invocato una condizione di oggettiva ”disuguaglianza digitale” causata dal mancato funzionamento del servizio, che aveva comportato un ostacolo all’esercizio del diritto della donna a istruire i propri figli e una violazione al diritto allo studio, tutelati dagli articoli 30 e 34 della Costituzione.
Il giudice di pace ha accolto l’impostazione, considerando il danno causato ”particolarmente grave in un’epoca in cui la comunicazione e’ fondamentale in ogni aspetto della vita quotidiana”. Nel motivare il danno esistenziale subito, il giudice riconosce anche che la signora ha subito ”un’apprensione angosciosa – si legge nella motivazione della sentenza – prodotta dalla situazione creatasi nel corso dell’annosa questione”.
”E’ stato un incubo – testimonia la donna – mia figlia usava internet per studio. Ho una mamma e altri parenti anziani che necessitano di chiamarmi spesso. Ero in ansia anche per questo. E’ stato un disagio psicologico enorme”.