Istat. Perché in Italia si muore di più

Istat. Perché in Italia si muore di più
Istat. Perché in Italia si muore di più

ROMA – Istat. Perché in Italia si muore di più. Nel 2015 i morti in Italia sono stati 653 mila, 54 mila in più dell’anno precedente (+9,1%). Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. L’aumento di mortalità risulta concentrato nelle classi di età molto anziane (75-95 anni). E’ quanto emerge dal Report sugli indicatori demografici, diffuso dall’Istat pochi giorni fa.

Dal punto di vista demografico, il picco di mortalità del 2015 è in parte dovuto a effetti strutturali connessi all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza. Cosa significa?

Bisogna incrociare dati demografici (crollo natalità combinata con l’aumento del bacino di anziani a rischio), climatologici (i picchi di mortalità si concentrano nei mesi più freddi e più caldi), epidemiologici, cioè la mancata risposta immunologica ai virus influenzali (c’entra per esempio il calo dei vaccini). Non va dimenticato che la tendenza è un fenomeno più generale, perlomeno a livello europeo.

Dice il report Istat: “Il picco di mortalità del 2015 porta con sé significativi effetti strutturali, come l’analisi per età dimostrerebbe, vista la particolare concentrazione dell’incremento di mortalità nelle classi di età molto anziane. In secondo luogo, è accertato che il picco del 2015 rappresenti una risposta proporzionata e contraria alle diminuzioni di mortalità riscontrate nel 2013 e nel 2014 (effetto rimbalzo)”.

Ondata di calore estivo. L’incidenza del fattore climatico sui picchi di mortalità è confermata dalla statistica nelle serie storiche. Il luglio torrido dello scorso anno ha visto la colonnina di mercurio salire a temperature mai riscontrate in 136 anni, con valori di 4° superiori alla media. “La quota di mortalità attribuibile alle ondate di calore del luglio 2015 pare sufficiente a spiegare l’unica variazione statisticamente significativa in eccesso nella serie temporale tra il 2011 e il 2015”, spiega Giuseppe Costa, docente di Igiene presso l’Università di Torino al Sole 24 Ore.

Inverno non freddo, ma influenza killer. In effetti è la domanda che ognuno ha potuto porsi e cui si può rispondere con le conclusioni dell’Ons (l’Istat inglese) che mette sul banco degli imputati l’influenza: “Nella stagione influenzale del 2014/2015 si ritiene che ci sia stato l’utilizzo di un vaccino anti-influenzale a bassa efficacia (25%, fonte: Ecdc) dovuto a una mutazione del virus stagionale che ha reso i vaccini preparati meno efficienti”.

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