L’Italia che ruba: gli assenteisti a Reggio Calabria e il truffa-tifosi a Genova

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Aprile 2013 - 19:49| Aggiornato il 29 Dicembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Che siano ore di lavoro o soldi, due storie ci raccontano l’Italia che ruba, l’Italia della “gente ladra”. Rubavano ore di lavoro, regolarmente pagate dalla collettività, i 95 assenteisti del Comune di Reggio Calabria, scoperti da un’operazione della Guardia di Finanza. Ha rubato 70.000 alla curva del Genoa il padre del piccolo Matteo, che millantando l’urgenza di un trapianto di polmone per il suo bambino aveva raccolto soldi dai tifosi genoani. Salvo poi pagarci vecchi debiti.

Iniziamo da Reggio Calabria, un Comune di cui molti sanno che è stato sciolto da poco per mafia. Pochi sapevano però che quel Comune era organizzatissimo: perché per coordinare le assenze programmate di 95 dipendenti bisogna darsi da fare, non si può improvvisare. Un sistema collaudato e capillare permetteva l’assenteismo di tutti. In ogni ufficio, ogni giorno, c’era un impiegato a turno che timbrava per tutti, passando il suo badge e quello di sei o sette colleghi. Questo consentiva agli altri di arrivare senza fretta (a volte ricambiando il favore in uscita al “mattiniero” di turno che poteva così andarsene prima), portare i bimbi a scuola, sbrigare le commissioni della mattina… poi passare per pochi minuti dal Comune e subito riuscirne fuori. Li aspettavano interminabili passeggiate nel centralissimo Corso Garibaldi, lo shopping, placide chiacchierate al bar. Riuscivano ad accumulare, senza nessun rimorso, 105 ore di assenza al mese. Su 140 ore mensili complessive…

Poi un giorno anche il sindaco Giuseppe Raffa, oltre agli sfortunati cittadini che provavano a rivolgersi agli uffici comunali, si è accorto che troppe volte quei telefoni squillavano a vuoto. Ha chiamato la Guardia di Finanza. Il risultato è: 95 indagati, dei quali 17 agli arresti domiciliari e 42 per i quali la Procura ha chiesto l’interdittiva dal posto di lavoro.

Spostandoci 1.200 km più a nord, la musica non cambia. Il piccolo Matteo è per i tifosi del Genoa la dimostrazione che il “vecchio cuore rossoblù” non è solo una scritta su uno striscione. Quando il padre, Fabrizio, racconta loro che il bimbo ha bisogno urgente di un trapianto di polmone e che l’intervento si può fare solo nella costosa Svizzera, i “Figgi do Zena”, grosso club genoano, lancia una sottoscrizione e raccoglie 70.000 euro, anche vendendo cappellini, sciarpe e magliette. Lo stesso Genoa F.C. mette sul piatto 25.000 euro. Partecipano “perfino” i cugini sampdoriani.

Ma il piccolo Matteo, per fortuna, ha soltanto un’asma. I problemi veri li ha il padre, che ha fatto troppi debiti in giro e riesce a ripagarli con questa truffa. Qualche mese dopo racconta che il trapianto è stato fatto, ma con una piccola complicazione. Ma nessuno gli crede più. E sarebbero stati, infatti, gli stessi tifosi a denunciare in forma anonima di essere stati vittime del raggiro.

Fabrizio ora è indagato per truffa, la Procura ha congelato i conti corrente su cui erano stati versati i soldi, e recuperato 27mila euro. Alcuni dei capi ultrà – Massimo Leopizzi, Roberto Scotto e Davide Traverso – hanno indetto una conferenza stampa imbarazzata per raccontare la storia e assicurare che i soldi saranno restituiti.